domenica 6 aprile 2025

Quando si cade e quando si casca: storie di lingua e sfumature

 

 Viveva una volta, nella vasta Valle del Linguaggio, una coppia di verbi che abitava lì dai tempi dei tempi: Cadere e Cascare. Sebbene sembrassero simili, ciascuno portava con sé una storia personale, radici profonde e sfumature diverse.

I
l primo verbo, Cadere nacque nobile e austero. Le sue radici affondavano nel latino classico, nel verbo ‘cadere’, che significa "precipitare, scendere improvvisamente". Era  adoperato dai poeti e dagli oratori per descrivere momenti gravi e solenni: la fine degli imperi, la sconfitta in battaglia, il crollo delle speranze. Cadere si muoveva con passo elegante tra i discorsi importanti e i pensieri profondi, portando con sé un’aura di universalità e gravità.

D
all’altra parte, Cascare aveva avuto un’origine più popolare e mondana. Non proveniva dalla lingua colta, ma dal latino parlato, forse da ‘casicare’, che designava il cadere in modo più familiare, colloquiale e, molto spesso, buffo. Era un verbo cresciuto tra le risate delle piazze, tra le persone comuni che narravano piccole disavventure quotidiane, trovando conforto nel raccontarle con leggerezza.

U
n giorno d’autunno, nella Valle del Linguaggio, un giovane viandante camminava assorto nei suoi pensieri. Essendo un po’ distratto non si accorse di una radice che spuntava dal terreno: inciampò finendo rovinosamente al suolo. Tutti i presenti trattennero il fiato e qualcuno esclamò: “Cadde, poveretto,” come se quell’azione avesse qualcosa di importante e inevitabile.

Pochi giorni dopo, lo stesso giovanotto, passando di lì, inciampò di nuovo. Questa volta, però, un fanciullo che lo osservava rise e commentò: “Ah, sei cascato ancora!” E con quella frase, trasformò l’evento in una scena comica. Il giovane, seduto a terra, sporco di fango, non poté fare a meno di ridere con lui.

C
osì, i valligiani cominciarono a distinguere tra cadere e cascare. Capirono che cadere era il verbo ideale per i momenti solenni, quelli che portavano una lezione o un significato profondo: “È caduto in disgrazia,” oppure, “Il vaso cadde e si ruppe in mille pezzi.” Cascare, al contrario, era perfetto per le situazioni leggere o ironiche, quelle in cui l’accento era posto più sulla goffaggine che sulla gravità dell’evento: “Sono cascato dalle scale con tutte le borse della spesa,” o “quando l’ho visto, sono cascato dalle nuvole!”

C
adere e Cascare non erano nemici, ma alleati. Ciascuno trovava il suo posto a seconda dello spirito della narrazione. E così, nella Valle del Linguaggio, si imparò che scegliere il verbo giusto significa donare al racconto la sfumatura perfetta.


(Le immagini sono riprese dalla Rete, di dominio pubblico, quindi. Se víolano i diritti d'autore scrivetemi; saranno prontamente rimosse: fauras@iol.it)



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