giovedì 3 aprile 2025

Il racconto di due vie: vivere o campare. La saggezza nascosta nelle parole


C'
era una volta, ai confini del mondo, nel cuore del regno di Linguarzia, un pittoresco paese, Verbolandia, dove vivevano due cugini: Vivere, il sognatore dal cuore poetico, e Campare, il realista dal piglio pratico. Nonostante le loro differenze, erano amati dagli abitanti, perché ciascuno aveva donato loro una lezione unica su cosa significhi affrontare la vita.

Vivere, figlio del latino ‘vivere, portava con sé un'aura di magia e una visione profonda dell'esistenza. "La vita," diceva Vivere ai ragazzi del villaggio, "è come una melodia: ogni nota ha il suo significato e ogni pausa ci invita a riflettere." Una mattina si fermò davanti a una coppia di contadini che festeggiavano il raccolto. "Non celebrate solo il frutto della terra," disse loro Vivere, "ma il fatto che avete lavorato insieme, superando ostacoli di ogni genere, godendo del risultato. Questo è vivere!"

I
nfine Vivere li invitò a condividere un ballo sotto le stelle, accompagnati dalla melodia di un vecchio violino. Da quel giorno, ogni raccolto divenne una festa, un'occasione per vivere appieno.

U
n altro giorno Vivere si imbatté in un giovane poeta che era sul punto di abbandonare la sua arte. "Amico, non scrivi solo per sopravvivere," gli disse Vivere, "scrivi per vivere, per trasformare i tuoi pensieri in qualcosa che resterà in eterno. Scrivi di quelle rose che crescono, selvagge, lungo il fiume e racconta al mondo come ti fanno sentire vivo!" Il giovane, ispirato, compose un'opera che rese Verbolandia famoso in tutta Linguarzia.

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all'altro angolo del paese, Campare, figlio di ‘campus’, insegnava una lezione diversa, più pragmatica. "A volte la vita non ti permette di sognare troppo," soleva dire, "però ti offre abbastanza per andare avanti. Questo è campare: adattarsi, sopravvivere, e trovare forza anche nelle difficoltà."

U
n pomeriggio Campare fece visita a un anziano falegname, che si lamentava della scarsità di lavoro. "Non disperarti amico," gli disse Campare, "hai ancora le mani e il talento per creare. Costruisci tutto quello di cui hanno bisogno gli altri, e con questo potrai campare." Il falegname seguì il consiglio, si mise subito al lavoro e cominciò a creare utensili semplici ma indispensabili, guadagnandosi la gratitudine e il rispetto di tutto il villaggio.

U
n altro giorno, durante una tempesta, Campare trovò una giovane madre che cercava riparo per i suoi figli sotto un vecchio ponte. "Non sarà un palazzo," le disse Campare, "ma per questa notte potrà bastare. Campare significa usare ciò che hai e trasformarlo in una possibilità." La giovane madre, grata, prese coraggio e, nonostante le molte difficoltà, costruì una nuova casa con i materiali recuperati.

Gli abitanti di Verbolandia, col tempo, impararono che Vivere e Campare, pur essendo cugini e talvolta confusi tra loro nel linguaggio quotidiano, hanno anime diverse e ruoli ben distinti. Capirono che non si potevano usare indifferentemente, ma che ciascuno di loro trovava la sua giusta collocazione a seconda del contesto.

Q
uando volevano esprimere il senso di una vita ricca di significato, di emozioni e di esperienze, si rivolgevano a Vivere. Quando, invece, descrivevano momenti di resilienza e di adattamento, o quando si trattava di affrontare le difficoltà con ciò che si aveva, Campare era il termine adatto.

E
così, Vivere e Campare continuarono a coesistere, ciascuno con il proprio ruolo, arricchendo la lingua e la vita degli abitanti di Verbolandia, ricordando loro che ogni parola porta con sé un mondo di sfumature preziose.


(Le immagini sono riprese dalla Rete, di dominio pubblico, quindi. Se víolano i diritti d'autore scrivetemi; saranno prontamente rimosse: fauras@iol.it)






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