sabato 11 maggio 2024

Sulla concordanza del verbo


L’
accordo del verbo con il soggetto è, molto spesso, causa di dubbi. Vediamo, per quanto possibile, di scioglierli. La norma stabilisce che il verbo concorda con il soggetto nel numero (singolare e plurale) e nella persona: io parto; tu cammini; noi leggiamo; essi dormono. Se una proposizione (o frase) ha due o piú soggetti il verbo si mette - in linea generale - nella forma plurale: Pasquale e Carlo erano amici d’infanzia. Esiste, tuttavia, una deroga alla norma generale, cioè il verbo può avere sia la forma singolare sia la forma plurale nei seguenti casi: a) quando il soggetto è rappresentato da un nome collettivo seguito da un complemento di specificazione: un gruppo di scolari partí / partirono per una gita (in linguistica si chiama “sillessi” o concordanza a senso); b) quando i soggetti sono separati tra loro dalle congiunzioni disgiuntive “o”, “oppure”, “né”: né la forza né la persuasione è / sono bastata / bastate. ; c) quando i soggetti sono riuniti dalla preposizione “con”: Giovanni con Daniela passeggiava / passeggiavano in giardino; d) quando i soggetti inanimati sono considerati un tutt’uno, quando esprimono, cioè, un’unica idea: l’amore e la comprensione del padre fu / furono determinante / determinanti; e) quando i soggetti si intendono riferiti a uno stesso verbo: tuoni, fulmini e lampi si abbatté / abbatterono sul Paese. Un’ultima notazione. Quando i soggetti sono di genere diverso il verbo si pone sempre nella forma plurale maschile: Pasquale, Giovanna e Serafina furono rimproverati dal direttore. Se si tratta, però, di soggetti inanimati (di cose) il verbo può concordare col soggetto piú vicino: aerei e navi furono avvistate, ma anche (e forse è meglio) avvistati (in questo caso si chiama accordo per attrazione).

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Giulio, ti prego, non mi malmeggiare

Ci piace portare all’attenzione degli amici blogghisti, che seguono le nostre modeste noterelle, un verbo “sconosciuto” perché non attestato nei maggiori vocabolari in uso: malmeggiare. , ‘malmeggiare’ , che significa ‘maltrattare’, ‘malmenare’ e simili: quel losco individuo non fa altro che malmeggiare la moglie. Secondo il GDU del De Mauro il verbo suddetto è un incrocio di ‘malmenare’ con ‘palpeggiare’ ed è “nato” nel XIV secolo. Secondo Ottorino Pianigiani, invece, è composto di “ mal” e “maneggiare”, maneggiare male, quindi maltrattare, malmenare. 


(Le immagini sono riprese dalla Rete, di dominio pubblico, quindi. Se víolano i diritti d'autore scrivetemi; saranno prontamente rimosse: fauras@iol.it)


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