Il primo vocabolo, avverbio, si può scrivere anche in due parole, vale a dire in grafia analitica: da presso. Mai con l’apostrofo (d’appresso). Il secondo, preposizione impropria, si costruisce regolarmente con la a: abito davanti a lui. Si sconsiglia l’impiego della preposizione unita direttamente al sostantivo: passavo davanti la casa; meglio davanti alla casa. La medesima “regola” vale per dinanzi e checché ne dicano certi vocabolari e certi "scrittori" la "di" non è geminante, vale a dire non fa raddoppiare la "n" (*dinnanzi)*. L' "errore" è dovuto, probabilmente, per un accostamento analogico con “innanzi” il cui rafforzamento sintattico (raddoppiamento della “n”) è solo apparente perché la doppia “n” risulta dalla fusione di “in” e dalla locuzione latina “in antea” già contratta in “nanzi” (in + in antea = in nanzi = innanzi); dinanzi deriva, invece, dalla fusione di “di” e di “nanzi” = dinanzi).
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Due parole sul verbo “inferire”, che ha due participi passati
Inferto e inferito sono participi passati del verbo "inferire", che ha due accezioni diverse: "causare danni o ferite, sia morali sia fisiche" e "arrivare a una conclusione", quindi dedurre, desumere. La coniugazione è la medesima di infierire, tranne che nella prima persona singolare e nella terza plurale del passato remoto e, appunto, nel participio passato. Avremo inferto, quando il verbo sta per "provocare danni" e inferito quando vale "dedurre": il malvivente gli ha inferto cinque coltellate; dalle indagini svolte la polizia ha inferito che l'uomo era estraneo ai fatti. Quanto al passato remoto avremo infersi e infersero nell'accezione di "cagionare danni" ; inferii e inferirono nel significato di "dedurre". Un'ultima annotazione. Inferire è un "quasi sinonimo" di infierire in quanto i due verbi hanno sfumature diverse; inoltre il primo è transitivo, il secondo intransitivo. Interessantissima, in proposito, l' «opinione» del Tommaseo.
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La lingua “biforcuta” della stampa
50mila allo Stadio Olimpico per incontrare Papa Francesco ed i bambini
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Correttamente: e i bambini. In questo caso la “d” di “ed” non è necessaria, anzi è cacofonica. Per l’uso corretto della “d eufonica” gli operatori dell’informazione possono vedere qui.
(Le immagini sono riprese dalla Rete, di dominio pubblico, quindi. Se víolano i diritti d'autore scrivetemi; saranno prontamente rimosse: fauras@iol.it)
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