Se saremo tacciati di presunzione dai grandi linguisti -
qualora si imbattessero in questo sito - la cosa ci lascerà nella "piú
squallida indifferenza" e andremo sempre avanti per la nostra strada.
Tutti i cosí detti sacri testi (grammatiche e vocabolari) che abbiamo
consultato definiscono il lemma "fa" anche un avverbio di tempo. No,
amici, questo "fa" non è un avverbio ma una locuzione avverbiale di tempo perché adoperato assoluto (da solo) è una parola vuota*, non ha alcun senso, come lo hanno, invece gli avverbi di tempo
"ieri", "oggi", "domani", "sempre",
"mai" ecc. Una riprova? Posso dire correttamente, e ha un senso: domani andrò a trovare il mio vecchio
compagno d'armi; ieri sono stato al
cinema assieme a mia moglie; siamo sempre
stati contrari a quell'unione. Provate a sostituire domani con fa; ieri con
fa e sempre con fa e vedrete che le
frasi in oggetto non hanno alcun senso. Fa,
da solo, quindi, non avendo un senso non può essere un avverbio. Questo fa, dunque, è la terza persona singolare
del presente indicativo del verbo fare che, preceduto necessariamente da un
altro elemento, forma, appunto, una locuzione avverbiale con il significato di "passato",
"avvenuto", "compiuto": due giorni fa (ora si compiono due giorni) ho rivisto un vecchio amico. Non si accenta mai trovandosi sempre in posizione tonica.
* Parole vuote
* Parole vuote
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La parola proposta da questo portale, ripresa dal GDU (De
Mauro): diapasma. Sostantivo maschile
con il quale si indica una "polvere profumata". Si veda anche qui.
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