Nella rubrica "Scritto e parlato" del sito della
Treccani una lettrice contestava "la giudice" a lemma nel vocabolario in rete. Nella
risposta si diceva che "la giudice" è forma grammaticalmente
legittima perché è un sostantivo classificato nella categoria dei nomi epiceni (nomi ambigenere). La risposta è
ineccepibile. Abbiamo rilevato, però, una "diversità di vedute" tra l'estensore
della risposta e il vocabolario Treccani in rete circa il significato di
epiceno. Ecco la risposta: «[...] Dal momento che giudice termina in -e, è assegnabile alla categoria dei nomi epiceni:
possiamo distinguere fra il giudice e la
giudice, come facciamo per preside e presidente. Mentre la
preside è d’uso corrente e la
presidente ha registrato un’importante ascesa in tempi
recenti [...]». Secondo il vocabolario Treccani sono nomi epiceni, invece, solo
quelli che si riferiscono agli animali: «epicèno agg. e s. m. [dal lat. epicoenum
(genus), gr. ἐπίκοινον (γένος)
«(genere) comune», comp. di ἐπί e κοινός «comune»]. – In grammatica, sinon. raro di promiscuo, riferito a nomi (o al
genere di nomi) di animali che non distinguono il maschio e la femmina (come tigre, gorilla,
pantera, coccodrillo, ecc.)». Stando al
Treccani, dunque, "la giudice" non sarebbe un nome epiceno perché si
tratta di un essere umano e non di un animale. Ma non è cosí, appunto, perché
epiceno essendo sinonimo di ambigenere è riferibile tanto agli uomini quanto agli animali. Non sarebbe il caso che
il predetto vocabolario emendasse il lemma in oggetto e riportasse ciò che dice,
per esempio, il vocabolario De Mauro, che non fa distinzione alcuna tra gli esseri umani e gli animali?
venerdì 2 marzo 2018
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