martedì 11 ottobre 2016

"Nessuno non deve sapere"


Una squisitissima lettera “in privato” di un amico blogghista ci ha dato lo spunto per la trattazione di alcune negazioni - nella fattispecie pronomi - che possono essere o no accompagnate con altre negazioni. E ci spieghiamo. Il lettore in questione lamenta il fatto che l’insegnante di suo figlio abbia sottolineato con la fatidica matita blu il “non” contenuto nella frase “nessuno non deve sapere” sostenendo che il “non” accompagnando il pronome nessuno - già di per sé negativo - rende la frase affermativa. Insomma, la proposizione “nessuno non deve sapere”, agli orecchi del docente, suona “tutti devono sapere” perché, sostiene, due negazioni affermano. Di primo acchito saremmo d’accordo con il docente, ma a un esame piú approfondito scopriamo che quel “non” è un errore veniale da sottolineare con la matita rossa essendo solo un francesismo (senza ombra di dubbio da evitare in buona lingua italiana). Prima di addentrarci nei vari “meccanismi” delle negazioni ci piace riportare quanto dice sulla voce, o meglio sul pronome ‘nessuno’ il linguista Leo Pestelli:  Alla voce ‘nessuno’ è attaccato un noto sofisma. ‘Nessun gatto’ ha due code. Ma ogni gatto ha una coda di piú che ‘nessun gatto’. Quindi ogni gatto ha tre code. Il sofisma è fondato sul fatto che la prima premessa (‘nessun gatto’ ha due code) sembra affermativa, asserendo assolutamente, ossia senza eccezioni, mentre è negativa: nessun gatto, equivalendo a (ciasc.) un gatto non... In altri termini ‘nessuno’, che ci viene dal latino ‘ne ipse unus’ (non già da ‘nescio unus’), è il pronome ‘ciascuno’, ‘ognuno’, il quale ha attratto e incorporato la negazione che propriamente si riferisce all’azione o allo stato espressi dal verbo. Tornando al “non” e ai suoi vari “meccanismi”, c’è da dire che molti grammatici sono dubbiosi se si debba adoperare, e quando, l’avverbio di negazione “non” in compagnia di “nessuno”, “nulla”, “niente” e altre voci negative. Costoro sostengono anche che in lingua italiana non è tassativa la norma per la quale due negazioni affermano. In proposito noi, molto sommessamente, manifestiamo le nostre riserve e portiamo a suffragio un modo di esprimersi tanto caro ai politici, “non possiamo non riconoscere”, dove è evidente che i due “non” si annullano rendendo la frase affermativa: non possiamo non riconoscere equivale, infatti, a “riconosciamo”. Per non creare, per tanto, dei veri e propri garbugli è bene seguire - a nostro modo di vedere - alcune semplici regolette. Quando i pronomi negativi “nessuno”, “nulla” e “niente” sono posposti al verbo (si trovano dopo) si rafforzino col “non”: non so nulla; non ho visto nessuno; non ha detto niente. Allorché, invece, sono preposti al verbo (cioè prima) stanno da sé senza altra negazione: nessuno è arrivato; nulla mi piace. Per quanto attiene al pronome “niente” occorre fare qualche altra osservazione: ha un valore neutro e sta per “nessuna cosa”; acquista una valenza positiva nelle interrogazioni e nelle proposizioni condizionali con il significato di “qualche cosa”. I soliti esempi faranno chiarezza: ti occorre niente? (cioè “qualche cosa”); se niente (“qualche cosa”) ti serve, io sono qui per aiutarti.    



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 La parola che portiamo all'attenzione dei lettori, e non "lemmata" nei vocabolari dell'uso, è: sunzione*. Sostantivo femminile con il quale si indica la comunione che il sacerdote fa (per proprio conto) durante la celebrazione della messa.

* Dal latino "sumere", assumere, inghiottire.

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