Ancora una disparità
di "vedute linguistiche" tra i ritoccatori del vocabolario Gabrielli
in rete e lo stesso Aldo Gabrielli. Nel vocabolario si legge che l'avverbio
"viepiú" si può scrivere anche con due "p" (vieppiú);
l'insigne linguista, invece, nel "Dizionario
linguistico moderno" e nel suo "Il museo degli errori" condanna
la scrizione con due "p" «perché
dopo "vie" non è sottintesa una congiunzione "e" che giustificherebbe il raddoppiamento». Dal vocabolario:
viepiù
[vie-più] o vie più, vieppiù
[vie-più] o vie più, vieppiù
avv.
lett. Sempre più, molto più: vidi Sansone / vie più forte che saggio (Petrarca).
lett. Sempre più, molto più: vidi Sansone / vie più forte che saggio (Petrarca).
Da "Il museo degli errori":
Volendo fare della locuzione avverbiale di
più una parola sola, bisogna scrivere dipiù,
con una sola p e non “dippiù”.
E questo per la semplice ragione che la preposizione di non
vuole in nessun caso il raddoppiamento fonosintattico
E scriveremo anche digià e non “diggià”,
anche se è meglio continuare a scrivere di già;
scriveremo difatti e
non “diffatti” invece del più usato e preferibile di
fatti; didietro e
non “diddietro” (ma anche di dietro), dipoi o di
poi, ma non “dippoi”, disopra e disotto,
o di sopra e di
sotto, ma non “dissopra” e “dissotto”.
Un errore simile molti lo commettono con
l’avverbio composto viepiù che assai spesso
vediamo scritto vieppiù. Questo vie,
infatti, antica alterazione di via usata come
rafforzativo del comparativo, non richiede mai il raddoppiamento della
consonante successiva. Analogamente scriveremmo viepeggio (o vie
peggio) e viemeglio (o vie
meglio), e non “vieppeggio” e “viemmeglio”: ma qui l’errore
è più raro data l'ormai vieta pedanteria di queste due espressioni.
Dobbiamo dire per "onestà
linguistica", però, che anche altri vocabolari contraddicono l'illustre
glottologo. Personalmente seguiamo la "regola" secondo la quale "vie"
non dà luogo a geminazione (raddoppiamento fonosintattico).
***
La parola, di ieri, proposta da
"unaparolaalgiorno.it" è: subissare.
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