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La parola che segnaliamo "odora" un po' di
volgare, ma non lo è: cacume. È cosí denominata anche una montagna dei monti Lepini, nel Lazio.domenica 22 maggio 2016
Guarisci? Ti difendi...
Riprendiamo il nostro viaggio attraverso il ricchissimo
lessico italiano alla ricerca di parole "di tutti i giorni", quelle
che adoperiamo per pratica il cui significato "nascosto", però, non è
noto a tutti, fermandoci al verbo guarire. Il significato "scoperto" - tutti lo sappiamo - è "recuperare la salute",
"rimettersi", "tornare a essere sano" e simili. Quello che
non tutti sanno - probabilmente - è il
fatto che il suddetto verbo non è di origine squisitamente latina o, se si
preferisce, italiana. Prima di vedere il suo significato "nascosto"
ci sembra interessante rilevare che il verbo in oggetto può essere tanto
transitivo quanto intransitivo: nel primo caso sta per "rimettere in
salute" (guarire qualcuno da o di una malattia, si possono adoperare,
indifferentemente, le due preposizioni); nel secondo caso vale
"riacquistare la salute", "ristabilirsi": sono guarito ora
di (o da) una malattia. E la persona che è guarita, per esempio, dall'influenza
che cosa ha fatto? Si è difesa. Sí,
questa l'accezione "nascosta" del verbo che - come dicevamo - non è
di provenienza "italo-latina" ma germanica, per l'esattezza
longobarda: "warian", alla lettera 'tener lontano', quindi
'difendere'. In origine, infatti, il verbo in esame era adoperato nel
significato di "preservare", "salvare",
"difendere"; oggi si usa, per lo piú, nell'accezione nota tutti:
"far tornare in salute chi è malato". Da guarire - ci sembra
superfluo ricordarlo - sono nati i derivati "guaribile" (che può
guarire), "guaritore" (la persona che opera una guarigione) e
"guarigione" (il ristabilirsi in salute). E a proposito di
quest'ultimo termine, è interessante ricordare una massima di Seneca: «Nulla è
piú contrario alla guarigione del cambiare spesso i rimedi».
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