(Pecuniario) è aggettivo di origine dotta e
deriva dal latino "pecunia" (denaro) che non è passato direttamente
nella lingua italiana. A sua volta il termine latino deriva da
"pecus" (bestiame). Evidentemente per i nostri antichissimi antenati,
dediti alla pastorizia in territori non ancora ben divisi e dai confini incerti,
la ricchezza consisteva nel numero di capi di bestiame che la famiglia
possedeva e da cui ricavava sostentamento e qualche possibilità di scambio con
altri. Il bestiame, insomma, sostituiva il denaro. In tempi di piú avanzata
civiltà, quando già da secoli correva sui mercati come denaro il metallo
coniato, il termine "pecunia", non avendo piú riferimento con la
realtà concreta, fu soppiantato nella parlata popolare da "solidus"
(da cui "soldus" e poi 'soldo') e da "denarius", che
indicavano due monete (il "nummus aureus" e il "denarius")
correnti ai tempi dell'impero, visibili e toccabili, anche se spesso non
possedute da tutti. Cosí "pecunia" rimase nel latino letterario e
scritto e morí con esso, mentre "soldus" e "denarius"
passarono nel volgare (l'italiano). Si possono sentire talvolta in italiano
frasi come "ho poca pecunia", "occorre molta pecunia" e simili.
Sono frasi di gergo dotto, cioè usate nella cerchia di persone sulla cui
parlata influiscono i ricordi di scuola. Nel gergo udremo invece: "Ho poca
grana; "occorre molta grana". L'italiano medio, non dotto e non
gergale, suona invece "ho poco denaro".
Quanto alla voce gergale "grana" (per
denaro), secondo il vocabolario Treccani, il termine deriverebbe dal nome di una
antica moneta napoletana e siciliana.
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La parola proposta da questo portale: lautetrico. È un aggettivo (del linguaggio ecclesiastico) tratto da "latria" e indica il culto riservato esclusivamente a Dio.
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La parola proposta da questo portale: lautetrico. È un aggettivo (del linguaggio ecclesiastico) tratto da "latria" e indica il culto riservato esclusivamente a Dio.
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