Il genere, in linguistica, è quella categoria grammaticale in base alla quale nomi, aggettivi e pronomi sono distinti in maschili e femminili (o in maschili, femminili e neutri). Questo genere è dato, per lo piú, dalla desinenza con la quale finiscono tutte le parole. In linea generale sono maschili i nomi terminanti i “-o”, femminili quelli che finiscono in “-a”, mentre quelli in “-e” possono essere tanto maschili quanto femminili. Alcuni nomi, però, pure avendo una desinenza per il maschile e per il femminile, si assomigliano perché possono sembrare di “genere mobile” (gatto, gatta; fanciullo, fanciulla ecc.), ma il loro significato è totalmente diverso perché sono vocaboli che non hanno “nulla da spartire tra loro” come, per esempio, il foglio e la foglia; il cappello e la cappella; il porto e la porta; il punto e la punta. Altri nomi, invece, pur avendo la medesima desinenza (tanto per il maschile quanto per il femminile) cambiano di significato a seconda che siano impiegati al maschile o al femminile ed è il caso - fra i tanti - “del” camerata (compagno) e “della” camerata; “del” fine (scopo) e “della” fine (termine, conclusione); “del” pianeta” (astro) e “della” pianeta” (paramento liturgico); “del” capitale e “della” capitale (città sede del governo di un Paese).
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Crediamo sia il caso di precisare che "ferocemente" è un avverbio, non un aggettivo come abbiamo sentito dalla bocca di Maurizio Costanzo nella trasmissione televisiva di oggi "Bontà loro" (Rai1).
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