I verbi "stupire" e "stupefare" appartengono alla
medesima area semantica e trasmettono la sensazione di sorpresa, ma
con intensità diverse. Ambedue derivano dal latino: "stupire"
ha origine da ‘stupēre’, che designa uno stato di meraviglia o
attonimento, mentre "stupefare" nasce dalla combinazione di
‘stupeo’, (presente indicativo di ‘stupere’) "essere
sbalordito", e ‘facere’, "fare", suggerendo quindi
un'azione che provoca un senso di stupore negli altri.
Nella
nostra lingua italiana "stupire" è più comune e delicato,
associato alla meraviglia e alla sorpresa positiva. Si “mette in
campo” quando qualcosa affascina o colpisce per la sua bellezza,
originalità o eccezionalità. Nel Leopardi, per esempio, troviamo il
verbo nella celebre Ginestra: "E stupisce, e rispetta il suo
stato"; qui il poeta descrive la condizione umana di fronte alla
natura e al tempo.
"Stupefare", invece, ha un
impatto più forte e può suggerire incredulità o sbalordimento.
Quando qualcosa "stupefà", lascia senza parole e provoca
una reazione intensa. Nel Decameron di Boccaccio spesso si trova il
verbo in racconti in cui eventi inaspettati travolgono i personaggi:
"Rimase stupefatto a tanta bellezza e ingegno", qui il
protagonista è colpito al punto da perdere ogni facoltà di risposta
immediata.
Questi verbi, insomma, si adattano al parlare
quotidiano in modi diversi. Dire "mi ha stupito la sua
generosità" esprime una sorpresa piacevole e genuina, mentre
"mi ha stupefatto la sua trasformazione" designa un
cambiamento sorprendente e fuori dall’ordinario. Anche in ambito
poetico e narrativo la scelta tra i due può modulare l’intensità
del discorso: da una meraviglia spontanea a un impatto quasi
incredulo.
Nella contemporaneità, l’uso di questi verbi si è evoluto, soprattutto nel giornalismo e nei “social media”. Gli editorialisti, molto spesso, utilizzano stupefacente per enfatizzare un evento sconvolgente o incredibile. Un giornale, per esempio, potrebbe scrivere Stupefacente scoperta: un nuovo esopianeta simile alla Terra!, mentre nei “social media” l’espressione Non ci stupisce più nulla è diventata quasi ironica, indicativa di un mondo che ci bombarda sempre più di informazioni straordinarie al punto da renderle quasi ordinarie.
Infine e concludiamo, possiamo notare l’influenza di questi verbi nel linguaggio pubblicitario. Spesso i marchi cercano di "stupire" i consumatori con innovazioni sorprendenti e campagne memorabili, mentre il termine stupefacente può avere un’associazione più forte e decisamente impattante, a volte legata persino a contesti farmacologici.
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