Se apriamo un qualsivoglia vocabolario della lingua italiana al lemma impastatore leggiamo: “Persona che, nell’industria alimentare, è addetta all’impastamento e al controllo del corretto funzionamento dell’impastatrice”; il femminile è impastatrice. Alla voce impastatrice si può leggere: “Macchina per l’impastamento”. Il sintagma femminile in oggetto, pertanto, è polisemico in quanto indica sia la persona (la donna) che impasta sia l’utensile per l’impastamento.
Chi scrive, consapevole di rischiare la censura dei linguisti ufficiali, propone di fare un distinguo tra i due termini (la polisemia, spesso, può creare ambiguità). Lasceremo impastatrice alla macchina e chiameremo “impastatora” la donna addetta al macchinario. La grammatica, in proposito, consente di femminilizzare in "-tora" (e non in "-trice") i sostantivi maschili in “-tore” se prima della “t” del confisso c’è una consonante diversa o una vocale. Impastatora, quindi, sotto il profilo linguistico-grammaticale ha tutte le carte in regola per assurgere agli onori dei vocabolari. Diremo, pertanto, l’impastatore e gli impastatori; l’impastatora e le impastatore. I lessicografi potrebbero farci un pensierino, perché siamo certi della bontà di quanto proponiamo e, di conseguenza, di non avere bestemmiato.
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La lingua “biforcuta” della stampa
Lombardia
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E il mondo quanto costa?
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