sabato 29 gennaio 2022

Gli intercalari


 Dal prof. Aldo Onorati*, dantista, riceviamo e pubblichiamo

  In un precedente articolo ho parlato del "vezzo" di storpiare gli articoli determinativi maschili (ma anche quello indeterminativo "un") volgendoli al femminile (la tavolo, la mare, e, quando va bene, illa mare, la freddo, una piatto etc.). (Si veda qui e qui) Ora intendo segnalare un fastidiosissimo vizio (e non più solo "vezzo"): l'intercalare, o meglio gli intercalari, perché in un discorso questi sincopati, queste battute d'arresto dovrebbero essere multate se il "parlatore" si rivolge a un pubblico vasto attraverso mezzi di comunicazione potenti (e, fra l'altro, lo fa per mestiere e quindi viene pagato dagli ascoltatori). Sono arrivato, forse a causa dell'età avanzata, a una specie di idiosincrasia nei confronti di coloro i quali ogni due-tre parole ti sparano un'insensata "aaaaa", oppure una "eeeee", ovvero un interrogativo buttato lì a casaccio, quale "no?".

 Si tratta di "mezzi busti" televisivi (ma ciò non esclude che tante persone si esprimano infarcendo la frase con suoni che spesso sembrano una fusione di "a" ed "e", al punto da risultare quasi un suono straniero, estraneo al nostro limpidissimo alfabeto). Potrei - e vorrei - fare dei nomi, ma si dice il peccato, non il peccatore (anche perché - da studi recenti sull'argomento - sembra che quel difetto affondi le radici nella fanciullezza se non addirittura nell'infanzia). Una volta preso, quel fastidiosissimo inceppo non sparisce più. Diviene una seconda natura "espressiva", una sorta di separazione sintagmatica, o meglio una pausa brevissima che denota un'interruzione del pensiero.  

Non so a voi, ma a me dà una sorta di schiaffo psichico, tanto che cambio canale televisivo (e se si tratta di una persona in carne ed ossa, con la quale dialogo, aumento il numero dei caffè, nera bevanda che sortisce in me l'effetto contrario al desiderato: funge da sonnifero). Bene, anzi male; ma il "busillis" non finisce qui. La prima domanda che mi pongo è la seguente: "Possibile che nessuno, tra i cervelloni addetti al controllo delle notizie e di tutto il resto, si accorga del terribile tarlo che rode il legno levigato della nostra lingua cantabile?" 

Ho fatto un esperimento, una sera in cui stavamo seduti in sette davanti al video. La signora che conduceva un programma molto seguito (e che ha dei numeri innegabilmente, se non li rovinasse con i frequentissimi "aaaaa", "eeeee"), quel giorno aveva le tasche piene di intercalari, per cui erano come bastonate al fluire della frase e del periodo. Chiesi, per curiosità, se quel modo di "sputacchiare" le parole non desse fastidio anche ai miei invitati, tutte persone di una certa cultura (anche un filologo fra loro!). Mi guardarono come si guarda un alieno. Uno disse anche: "Beh? È un modo come un altro di esprimersi". Credetemi, cari lettori: sto convincendomi - data la generale indifferenza e insensibilità verso questi fastidiosissimi "vizi"- di essere io "lo sbagliato" (come usa dirsi oggi). Forse devo rivedere la mia grammatica e mettere al posto di "sono andato", "ho andato", e ricevere anche il plauso di qualche filologo! 

  Aldo Onorati

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(Le immagini sono riprese dalla Rete, di dominio pubblico, quindi. Se víolano i diritti d'autore scrivetemi: saranno prontamente rimosse)


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