L’argomento odierno non attiene prettamente al buon uso della lingua italiana; è una nostra “riflessione” sulla differenza che intercorre tra il giornalista e il linguista. Perché? Perché abbiamo l’impressione che si stia cercando di dimostrare - da qualche parte - che un giornalista cosí detto di grido, un giornalista dal nome prestigioso, è anche un ottimo linguista. Questa tesi – a nostro avviso – è falsa e, quindi, da respingere decisamente. Un ottimo giornalista è colui che sa “scegliere” le notizie e, una volta assimilate, le commenta per il grande pubblico con parole semplici, come farebbe un insegnante di fronte ai suoi allievi. Il giornalista, in un certo senso, è l’educatore della pubblica opinione. I giornalisti dal nome prestigioso, che non rispettano le regole grammaticali per mero snobismo, non possono essere definiti linguisti; costoro sono colpevoli di “lesa lingua” quanto, se non di piú, i loro colleghi (e sono un’infinità) che non applicano le regole perché non le conoscono. Il giornalista-linguista si preoccupa, quando scrive (o parla), di non incorrere in “inesattezze linguistiche” che potrebbero turbare l’ “equilibrio linguistico-grammaticale” dei lettori, soprattutto dei lettori-studenti, mettendo, cosí, in discussione quanto i docenti, quelli con la ‘D maiuscolata’, si sforzano, lodevolmente, d’insegnare ai loro allievi, a dispetto dei giornalisti che “fanno la lingua”.
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Il serrandiere
Come si chiama il tecnico che aggiusta le serrande? Se non
cadiamo in errore non c'è un termine atto alla bisogna. Si potrebbe chiamare serrandiere (con il rispettivo femminile serrandiera). Il termine proposto ─ un neologismo lessicale ─ ci sembra ben formato essendo... formato con il sostantivo
serranda con l'aggiunta del suffisso "-iere" (serrand-iere). Il
suffisso in questione risale ─ attraverso il francese "-ier" ─ al
latino "-arius" e indica, appunto, una attività, una professione, un mestiere:
romanzo/romanziere; banca/banchiere; serranda... serrandiere.
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La lingua "biforcuta" della stampa
Record di nuovi
contagi nella regione anche se è alto (26 mila) il numero dei tamponi. D'Amato:
"Aldilà dei colori delle fasce quello che conta è mantenere alta
l’attenzione e raffreddare la curva. E’ ancora una fase tutta in salita e sarà
lunga"
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Correttamente: al di
là. TRECCANI: al di là locuz. avv. e s. m. – 1. avv. Di là
da un luogo, dall’altra parte: passare al di là (v. anche là). Frequente l’uso di al
di là di come prep., in luogo del più tradizionale (ma ormai meno
com.) di là da, anche con il sign. generico di «oltre»: saltare
al di là del fosso; al di là del bene e del
male; al di là
di certi termini. 2. Come s. m., per lo più nella grafia
unita aldilà, l’altro mondo, l’oltretomba,
la vita che ci attende dopo la morte: l’aldilà pagano; gli spiriti
dell’aldilà; pensare all’aldilà; Ho prenotato un letto
di prima classe Nel treno che va e non torna dall’aldilà (Montale).
2 commenti:
Scriveva Nencioni, presidente della Crusca del passato:
«Le lingue naturali non sono algebriche e danno scacco matto ai grammatici e ai loro volenterosi settatori. Mi verrebbe la voglia di maledirle se non fossi loro creato e vassallo»
Che tradotto significa: “lo so che ai grammatici piacerebbe, dopo aver fatto le regole che secondo loro descriverebbero la lingua, sedersi sullo scranno del giudice dell’alta corte e indicare al mondo chi è virtuoso e chi pecca di trasgressione, ma le cose non funzionano così. È chi usa la lingua che decide la direzione in cui essa si sviluppa. I linguisti (grammatici compresi) dovrebbero solo limitarsi a osservare, dal momento che la lingua, semplicemente, non appartiene a loro, ma appartiene alla comunità dei parlanti”.
Per Nencioni, la lingua è nostra, di noi italiani
Insomma, un punto di vista diametralmente opposto a quanto enunciato nell'articolo.
Saluti
Luca Passani
Gentile Luca,
punti di vista, appunto.
Cordialmente
FR
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