Questa locuzione - probabilmente
sconosciuta ai piú - si adopera quando si vuole mettere in evidenza il
carattere iracondo di una persona, che si cruccia per un nonnulla e subito dopo
è pronta a far la pace, ma è una pace di brevissima durata perché dopo... ricomincia. Sull'origine di questo
modo di dire si narrano molte storielle antiche, di autori popolari, quindi...
sconosciuti; ne riportiamo alcune, tra le quali la prima ci sembra la "piú verosimile". Marcone fu un plebeo di carattere bestiale e bizzarro,
però di cuore non duro. Quando una cosa gli andava a traverso se la prendeva
con la moglie; ma passato l'impeto tornava in sé. Taroccava e bastonava la
moglie; e poi la pettinava. Il giorno appresso tornava a far lo stesso; e il
vicinato che assisteva a queste scene lo messe in proverbio: la pace non
cementata dall'affetto e dal pentimento sincero è la pace di Marcone. Voi,
amici, nel corso della vostra vita in quanti "Marconi" vi siete
imbattuti? La seconda storiella - che riteniamo interessante - narra di un tale
Marcone che, fieramente sdegnato, voleva vendicarsi contro uno che lo aveva
offeso. Intromessisi gli amici, disse di
far pace, e quelli gli credettero.
Venuto il nemico per dare e ricevere il bacio, la fiera di Marcone gli
staccò il naso netto con un morso. L'ultima
- che abbiamo scelto - parla di uno scimunito di un villaggio della
Toscana, certo Marcone. Qui essendo alcune private inimicizie, il Pievano (il
pievano, popolarmente detto "piovano" è il prete rettore di una
pieve, il cui termine - manco a dirlo - discende dal latino "plebs,
plebis", popolo e, nel tempo, ha dato origine a denominazioni
toponomastiche, come, per esempio, Pieve di Cadore) volle adoperarsi a mettere
pace fra le parti, e preparò la predica in forma sulla pace. Fra i molti temi
volle figurasse questo: che anche le persone sciocche amano di stare in pace
col prossimo; e perché l'argomento non patisse eccezione, e facesse l'effetto
suo in modo sorprendente, chiamò a sé Marcone, e segretamente gli disse che
avrebbe fatto la domenica appresso una predica cosí cosí, e che a un certo
punto gli avrebbe detto: "E tu, Marcone, che vuoi? Rispondi franco, la
pace, la pace". Fecero le prove, e la cosa parve dovesse riuscire a
meraviglia. Venuta la domenica, e andato in chiesa tutto il villaggio, il buon
Pievano attaccò a predicare, e via via accalorandosi quando venne al forte
argomento, il quale dovea, come si dice, tagliar la testa al toro, a voce
altitonante esclamò "e tu Marcone, che vuoi?". Marcone sgaziatamente sonnecchiava.
Si riscuote a quel grido, e tutto insonnolito non risponde "pace
pace", ma una parolaccia strana che fece sganasciar dalle risa tutto il
popolo. Cosí la pace di Marcone andò in proverbio, per pace ridicola, che non
ha fondamento sodo; e anche per la pace di chi non si dà un pensiero al mondo;
vive e lascia vivere. Troviamo questo modo di dire anche in una novella
aggiuntiva alle "Cene" del Lasca (pseudonimo dello scrittore Anton
Francesco Grazzini, uno dei fondatori dell'Accademia della Crusca): "Marco
e la moglie, fatto prima la pace di Marcone, dormirono per ristoro della
passata notte, insino a nona, ecc.".
lunedì 23 ottobre 2017
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