martedì 17 ottobre 2017

Ancora sull'uso errato della preposizione "da"




I lettori ci perdoneranno se insistiamo e se ci... ripetiamo, ma non possiamo non denunciare - ancora una volta - l'uso scorretto che la stampa fa della preposizione "da". Ci meravigliamo anche del fatto che la prestigiosa "Treccani" in rete, spesso e volentieri, per "convalidare" la correttezza di certi costrutti (ma non è il caso della preposizione "da") citi gli articoli dei giornali, come se questi - ahinoi! - fossero i depositari  della "verità linguistica". Il titolo corretto è, dunque, nozze di fiaba.



Riproponiamo anche un nostro vecchio intervento inerente all'argomento in oggetto.




Alcuni così detti scrittori di vaglia – non sappiamo se per puro “snobismo linguistico” o per scarsa conoscenza delle norme che regolano la nostra madre lingua – adoperano la preposizione ‘da’ in modo improprio, per non dire errato, confondendo le idee linguistiche ai giovani studenti che, attratti dal “nome” dello scrittore, prendono per oro colato tutto ciò che la grande stampa “propina” loro. Sarà bene vedere, quindi, sia pure per sommi capi, l’uso corretto della predetta preposizione affinché gli studenti non incorrano nelle ire dei loro insegnanti, se questi ultimi sono degni di tale nome (la nostra esperienza, purtroppo, ci rende scettici in proposito).
La preposizione “da”, dunque, è usata correttamente quando indica l’attitudine, l’idoneità, la destinazione: pianta ‘da’ frutto; camicia ‘da’ uomo; sala da tè; veste ‘da’ camera e simili. Alcuni scrittori, dicevamo, la adoperano in modo improprio, in luogo della preposizione “di”, quando si parla di una qualità specifica di una cosa e non di una destinazione, sia pure occasionale. In questi casi si deve usare esclusivamente la preposizione “di”, l’unica autorizzata “per legge grammaticale”. Si dirà, per tanto, festa ‘di’ ballo (non da ballo); biglietto ‘di’ visita (non da visita, anche se ormai l’uso errato prevale su quello corretto); uomo ‘di’ spettacolo; Messa ‘di’ Requiem. Durante le celebrazioni per il centenario della morte di Giuseppe Verdi, nel 2001, un grande giornale d’informazione titolò: “Grande successo per la ‘Messa da Requiem’”. Il giornale e il suo redattore titolista non presero a calci solo la lingua italiana, offesero soprattutto la memoria del grande musicista che ha composto, per l’appunto, la “Messa di Requiem”. Ancora. Leggiamo sempre, su tutti i giornali, frasi del tipo: “Il giocatore Sempronio ha ripreso il suo posto da titolare”. Nelle espressioni citate quel “da” è uno “snobismo linguistico” o un … “ignorantismo”? Decidete voi, gentili amici. Ma andiamo avanti. La preposizione “da” non può usurpare le funzioni della consorella “per” quando nella frase c’è un verbo di modo infinito atto a indicare l’uso, la destinazione della cosa di cui la stessa cosa è agente. Diremo, quindi, macchina “per” scrivere, non “da” scrivere (altrimenti sembra che la macchina debba “essere scritta”); matita “per” disegnare, non “da” disegnare e simili. La preposizione “da”, insomma, posta davanti a un verbo di modo infinito rende quest’ultimo di forma passiva .È adoperata correttamente, quindi, se seguita da un infinito nelle espressioni tipo “casa ‘da’ vendere” (che deve essere venduta); “grano ‘da’ macinare” (che deve essere macinato) e via discorrendo. Un’ultima annotazione: la preposizione ‘da’ non si apostrofa mai (per non confondersi con la sorella ‘di’) tranne in alcune locuzioni avverbiali: d’altronde; d’altro canto e simili.







5 commenti:

Ines Desideri ha detto...

Gentile dottor Raso,
premetto: non comprendo e non condivido l’acredine con cui lei – spesso e volentieri, molto volentieri – sottolinea l’uso improprio o errato di vocaboli o espressioni da parte di scrittori, giornalisti e insegnanti.

“Alcuni così detti scrittori di vaglia [...] adoperano la preposizione ‘da’ in modo improprio, per non dire errato…”
Decida una volta per tutte: dire o scrivere “biglietto da visita”, “nozze da sogno/da fiaba”, “festa da ballo” è improprio (quindi accettabile) oppure errato (quindi inaccettabile)?

Personalmente continuerò a dire e a scrivere queste espressioni nel modo che lei considera “improprio, per non dire errato”.
Lascio a lei la libertà di giudicare la mia scelta una forma di “snobismo linguistico” o di “ignorantismo”.

Al quesito, posto all’Accademia della Crusca e riguardante “biglietto da visita o di visita”, Giuseppe Patota risponde così:
“Nella prima sequenza, abbiamo la preposizione da adoperata con valore finale (lo stesso che ricorre in altre voci composte da più parole che però contano come se fossero una parola sola, come ferro da stiro, polvere da sparo, macchina da scrivere ecc.); nella seconda, la preposizione di indica piuttosto una relazione: il biglietto di visita è quello proprio della, relativo alla visita. Delle due forme, quella di gran lunga più ricorrente - e che noi consigliamo senz'altro - è la prima, che predomina anche nei significati estesi di ‘breve scheda informativa contenente gli indirizzi reali e di rete e i numeri telefonici del mittente di un messaggio di posta elettronica’ e di ‘requisito che si può esibire preliminarmente’ e di ‘esecuzione iniziale, con cui un artista si presenta al pubblico mettendo subito in mostra le proprie capacità’. Per constatare quanto sia più frequente dell’altra, è sufficiente digitare le due sequenze in Google: mentre il tipo biglietto da visita conta oltre 500.000 presenze, il tipo biglietto di visita ne conta circa 35.000. Un bel... biglietto da visita per il tipo con da, non c’è dubbio!” (20 aprile 2017)

"Snobismo linguistico" o "ignorantismo"? A lei la parola.

Cordiali saluti
Ines Desideri

Fausto Raso ha detto...

Gentilissima Ines, per carità, lei è liberissima di dire "biglietto da visita", "festa da ballo" e via dicendo, ci mancherebbe... Per quanto riguarda l' «attacco» agli insegnanti (non tutti, ovviamente) dipende dal fatto che tempo fa rimasi basito (oggi va tanto di moda questo termine) sentendo un docente universitario "sentenziare" che il famigerato "qual è" si tronca solo davanti ai sostantivi maschili, davanti a quelli femminili si apostrofa. Quanto al "biglietto da visita" (oggi non ritenuto errato perché forma cristallizzata dall'uso) la rimando a un articolo dell' enciclopedia Treccani. Per quanto riguarda, infine, se è "snobismo" o "ignorantismo" dire "posto da titolare" in luogo di "posto di titolare", la rimando al vocabolario Treccani in rete, al punto 6 a.
Con stima
Fausto Raso

Ines Desideri ha detto...

Gentile dottor Raso,
considero indubbio che io possa usare liberamente "biglietto da visita" - a prescindere dall'articolo che lei mi ha gentilmente suggerito - oppure "nozze da fiaba/da sogno" o "festa/sala da ballo".
Che queste forme siano oggi cristallizzate dall'uso - e quindi non ritenute errate - è per me secondario.

Lei parla di "attitudine, idoneità, destinazione", quali condizioni per un corretto uso della preposizione "da".
Sorvolo in merito a "biglietto da visita" (a cui G. Patota ha dedicato un articolo), ma se sono "da sogno/da fiaba" non significa che tali nozze hanno "l'attitudine, l'idoneità, la destinazione", lo scopo di realizzare un sogno, di far vivere una fiaba? e una festa (o una sala) non è atta, idonea affinché si balli, organizzata allo scopo di ballare?

Quanto a "posto di/da titolare" e poiché "pignoleggiare" non mi dispiace affatto, azzarderei una distinzione tra le due forme: "posto di titolare" qualora si intenda specificare (il tipo di posto per cui una persona è stata assunta); "posto da titolare" qualora si intenda la destinazione professionale, lo scopo, la funzione per cui si è reso disponibile quel posto.

Per concludere: rimango basita nell'apprendere che un solo docente universitario sia riuscito a causare in lei tanta e tale avversione, estesa - per giunta - ai giornalisti e agli scrittori.

Cordialmente
Ines Desideri

Gilberto ha detto...

Un osso duro, la sig.ra Desideri... Sa far valere le sue ragioni. Mi piace.
Gilberto

Ines Desideri ha detto...

Grazie, signor Gilberto.
Ines Desideri