di Salvatore Claudio Sgroi *
È indubbio che, nella cultura italiana e
non solo, un errore ortografico suscita spesso nel lettore una severa censura.
E se l'errore può essere giustificato come "lapsus" in uno scrittore,
non lo è certamente per il comune scrivente.
Eppure, l'errore di ortografia raramente
può compromettere la comprensione di un testo, a differenza di un errore
lessicale, o sintattico o testuale con contraddizioni, controsensi, oscurità,
salti logici di tipo diverso. Il che dovrebbe far riflettere sull'opportunità
di dedurre dal banale errore ortografico la "incompetenza
linguistica" tout court. La
riprova che l'errore ortografico è in realtà un errore, sì ma
"veniale", è fornita proprio dagli scrittori, che non sono esenti da
peccati ortografici, magari corretti, tacitamente o meno, da solerti editori.
La esemplificazione è agevole e
facilmente arricchibile da parte del lettore.
Nell''800
c'è Verga: «diriggere
un giornale» (1882), «diriggere
le prove» (1882 e 1885), «diriggere
l’esecuzione» (1888), «t’immaggini» (1878), «leggittimo» (1888), «leggittima
aspettativa» (1876),
«il privileggio» (1882); -- «cominciavo a dubbitare» (1887), «Non dubbiti»; -- «non transiggo» (1888), «Diriggo la
presente a Catania» (1902); -- il segnaccento (di frase): «Te ne dò
notizia» (1872), «Ti
dò ancora a te questo altro incomodo del recapito» (1883); − su «quì» nei "Malavoglia" (1881) e su «quà» nel "Mastro-don
Gesualdo 1888"; -- l’omissione
del segnaccento sull’avverbio «si» (per sì) ancora nel "Mastro".
Non
diversamente Luigi Capuana: «esiggere
delle migliaia di lire» (1881), «tale
presaggio» (1879), «un tubo di latta siggillato» (1883); -- «Io lo esiggo» (1884), «con la salute
non transiggo» (1883);
-- il segnaccento: «io non dò
un’occhiata al ms!» (1882), «io mi dò di sprone ai fianchi» (1882),
«Intanto ti dò una preghiera»
(1883).
E pure
L. Pirandello: «induggia» (1889?); --
«Non dubbitare, non dubbitiate, miei cari» (1890); -- «malandrini e biricchini» (1886), col derivato «biricchinata»; -- «anzicchè» (1891).
Il
suffissato «ingegn-iere» per "ingegnere" è in
Capuana: «potresti fare l’ingegniere e arricchirti» (1888). Nel '900 continua con L. Sciascia in "Il signor T protegge
il paese" (1947): «un ingegniere francese», «un ingegniere ricco», e ne "La trovatura" (1961): «ingegnieri inglesi», «quell’ignegniere» (puristicamente emendati
nella ried. adelphiana del 2010 pp. 209 e 197).
Il «qual'è», si potrebbe dire, è oggetto
di continuo "stalking". Ma il qual'è si trova in scritti
di due presidenti dell'Accademia della Crusca. G. Nencioni 1945: «Ma cos’è, in concreto la storia
d’una lingua? Qual’è [sic!] il suo oggetto, quali i suoi limiti?» (Lezioni
di Glottologia, Roma, p. 208). E G. Devoto 1955: «Qual'è la differenza tra dialetto e lingua?» (Il passaggio dal dialetto
alla lingua, in "Scuola di base", p. 41). Senza
dire dell'es. ne La grammatica
degl’Italiani di Trabalza-Allodoli (1934): «l’interpunzione, qual’è stata
stabilita» (p. 332), non refuso in quanto ritorna in tutte le riedizioni (fino
al 1952).
Negli scrittori del Premio Strega ben 12
sono le occorrenze di «qual'è/qual'era» in 9 autori: da Berto (1947) a Parise
(1965), passando per Palazzeschi (1948), Malaparte (1950), Moravia (1952),
Calvino (1952), Morante (1957), Tobino (1962), Arpino (1964).
Inevitabilmente, l'apostrofo può
"far senso" nell'es. «un'idioma» (col valore di "un'espressione
idiomatica"), ripetuto due volte, in un saggio accademico (La linguistica italiana 1997-2010, Bulzoni
2013, p. 871), femminilizzato per (sospetta) influenza dell'87% dei femminili
in "-a". Nello stesso scritto
appare anche (due volte) «la sessione» del saggio (pp. 860, 861), con
estensione semantica, a dir poco "osé(e)", del significato di
«sessione» da temporale ("periodo") a spaziale ("sezione,
paragrafo, §"). Errore non ortografico (di origine emiliana) ma semantico,
decisamente popolareggiante.
Diciamo subito, per tranquillizzare il
lettore e fugare il sospetto del "buonismo ortografico", che per conseguire
una buona competenza ortografica, la strategia più redditizia sembra essere
quella della (banale) abituale lettura. Chi legge poco è più portato a sbagliare
la (orto)grafia delle parole. Grazie alle buone letture il parlante si abitua a
interiorizzare la corretta corrispondenza
"significato"/ "significante ortografico", ovvero a passare dal significante sonoro/ a "quello ortografico". È esperienza comune accertarsi
della correttezza grafica di una parola non tanto pronunciandola quanto
piuttosto vedendola scritta. Diciamo /abbile/, /raggione/, /azzione/,
/penzare/, ma le (orto)grafie che si trovano leggendo sono quelle canoniche con
una sola consonante o col nesso 'ns' . Ovviamente le parole rare o poco
note sono a rischio, in quanto suscettibili di andare incontro a inconvenienti
grafici, per es. "la recenZione (di un libro)"; "la intenSione
(dei logici)" ma "la intenZione del parlante". Le regole
esplicite, di ordine etimologico o funzionale (interferenza con la pronuncia
regionale), possono naturalmente favorire l'apprendimento, ma solo
secondariamente, e sviluppano più che altro i livelli cognitivi e
metalinguistici dello scrivente. (Al riguardo una lettura salutare per tutti
gli insegnanti dovrebbe essere il vecchio ma insuperato e attualissimo saggio
del 1969 di T. De Mauro, "Scripta sequentur (a proposito degli «sbagli» di ortografia)", ristampato per
es. in Scuola e linguaggio, Editori
Riuniti 1977, pp. 55-65).
In altra occasione proveremo a indicare
dei criteri di valutazione (con i voti) degli "errori/sbagli" di
ortografia. Che non dovrebbero insomma impedire di valutare la validità del
contenuto di un testo. Il problema vero del parlante, scrittore o meno, è
quello della "verbalizzazione"
del trovare cioè le parole più adatte per dare forma ai propri pensieri, in
maniera soddisfacente e comprensibile per sé e per gli altri. Un lavorio
'eterno' e perfettibile, all'infinito. I "nèi" ortografici per brutti
che siano sono solo dei "nèi".
* Docente di linguistica generale presso l'Università di Catania
Autore tra l'altro di
--Per una grammatica ‘laica’. Esercizi di analisi linguistica: dalla parte del parlante (Utet 2010);
-- Scrivere per gli italiani nell'Italia post-unitaria (Cesati 2013);
--Dove va il congiuntivo? (Utet 2013);
-- Il linguaggio di Papa Francesco. Analisi, creatività e norme grammaticali (Libreria Editrice Vaticana 2016)
-- Scrivere per gli italiani nell'Italia post-unitaria (Cesati 2013);
--Dove va il congiuntivo? (Utet 2013);
-- Il linguaggio di Papa Francesco. Analisi, creatività e norme grammaticali (Libreria Editrice Vaticana 2016)
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