Tempo fa (forse è
meglio: anni fa) avevamo scritto alla
redazione del vocabolario Treccani in
rete perché emendasse la voce "defatigare". L'emendamento non è stato
preso in considerazione ed è un peccato perché un cosí autorevole vocabolario
non può "permettersi" orrori di alcun genere. Riproponiamo quanto
scrivemmo, sperando che...
Leggiamo dal
vocabolario “Treccani” in rete:
defatigare (non com. defaticare) v. tr. [dal lat. defatigare, comp. di de- e fatigare «affaticare»] (io defatigo, tu defatighi, ecc.), letter. – Stancare, esaurire le capacità di resistenza di una persona. ◆ Part. pres. defatigante anche come agg., che affatica, che logora le forze. ◆ Part. pass. defatigato, anche come agg., affaticato, spossato.
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“Defaticare” non è una variante poco comune di “defatigare”. Sono due verbi a sé stanti e con significati diversi. “Defatigare”, con la “g”, è pari pari il latino ‘defatigare’ composto con il prefisso “de-” (che non ha valore sottrattivo) e il verbo ‘fatigare’ (affaticare) e significa “stancare”, “logorare”, “affaticare”. “Defaticare”, con la “c”, è composto con il prefisso sottrattivo o di allontanamento “de-” e il sostantivo “fatica” (‘che toglie, che allontana la fatica’). Si adopera soprattutto nel linguaggio sportivo nella forma riflessiva e significa “compiere determinati esercizi per togliere dai muscoli l’eccesso di acido lattico formatosi in seguito a sforzi prolungati”. Si potrebbe dire quindi, in senso lato, che “defatigare” sta per “procurare la fatica”; “defaticare” per allontanarla.
Altri vocabolari, comunque, sono incorsi nel medesimo “errore” del Treccani.
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La parola che proponiamo è ripresa dal Palazzi: gurgule. Sostantivo maschile con il
quale si indica un canale attraverso il quale l'acqua piovana è gettata lontana
dal muro; in questo modo si evita che il muro stesso si bagni e venga
danneggiato dall'umidità.
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I "gazebo"
o i "gazebi"?
I vocabolari consultati (De Mauro, Gabrielli, Garzanti,
Treccani, Sabatini Coletti) non "consentono" il plurale del predetto
sostantivo: il gazebo / i gazebo. Lo Zingarelli è possibilista: i
gazebo o i gazebi. Il DOP, Dizionario di Ortografia e di Pronunzia, non ha
dubbio alcuno: i gazebi. A chi dare
ascolto, dunque? Alla quasi totalità dei dizionari che non ammettono il plurale
del termine in oggetto.
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Pietire? Per carità,
piatire!
Ripeteremo fino alla nausea che il verbo corretto è “piatire”
(non “pietire”) che alla lettera significa “contendere in giudizio”,
“dibattere” e, per estensione, “litigare” ed è un derivato del sostantivo
“piato” (lite giudiziaria, controversia). Quest’ultimo sostantivo è il latino
“placitum”, participio passato neutro del verbo “placere” (piacere);
propriamente il “placitum” è un parere, una decisione, un’opinione, una
sentenza e ha acquisito, nel tardo Latino, l’accezione di causa, lite. Piatire,
dunque, significa discutere, litigare (durante il dibattimento in tribunale non
si litiga, non si discute?). In seguito, attraverso un processo semantico e
nell’uso prettamente familiare, piatire ha assunto – come possiamo leggere nel
nuovo vocabolario della lingua italiana Treccani – il significato di “lamentarsi
con tono querulo, fastidioso”; piatire sulla propria condizione; piatire sulla
propria miseria; anche con uso assoluto (da solo): non fa che piatire.
Adoperato in senso transitivo e familiarmente vuol dire, per l’appunto,
“chiedere con noiosa e fastidiosa insistenza” (quasi litigando, da ‘piato’,
lite, come abbiamo visto) assumendo atteggiamenti umili: piatire protezione,
piatire favori. Questo verbo, insomma, non ha nulla che vedere con la “pietà” e
il “pietismo”.
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