«Alzati,
signorino, ti ho trovato un'occupazione: da ora in poi i divertimenti e il
lusso - se ti sarà possibile - te li pagherai con i tuoi soldi; hai finito,
finalmente, di poltrire tutta la mattina e di darti alla bella vita la sera.
Dopo una giornata di lavoro non so se
avrai ancora la voglia di darti alla vita notturna, ma soprattutto non so se
avrai la possibilità di "far la vita da sibarita"», tuonò il padre di
Antonio. Quest'ultimo, ancora insonnolito e "stanco" della notte
trascorsa fuori casa, lí per lí non capí cosa intendesse dire il padre con
l'espressione "far la vita da sibarita". Non ci volle molto tempo,
però, perché "afferrasse" il significato: i soldi non gli sarebbero
bastati per condurre un'esistenza sfarzosa cui l'aveva abituato - diseducandolo
- il genitore. Antonio, insomma, era stato il classico "figlio di
papà". Ora, però, il padre aveva capito di avere sbagliato nell'educazione
del figlio e quest'ultimo capí - come per incanto - il significato
dell'espressione adoperata dal padre: condurre una vita sfarzosa. La locuzione
trae origine dal fatto che gli abitanti dell'antica città di Sibari, ubicata
nei pressi del golfo di Taranto, erano soliti condurre una vita piena di lusso,
di fasto e di... comodi. La città, fiorentissima, venne distrutta - sembra -
nel 510 a.C.
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Ancora un
vocabolo "snobbato" dai comuni dizionari sebbene di "origine"
aulica: insonte. Aggettivo che sta per "innocente",
"che non fa male", "innocuo" e simili. Lo registra il
Tommaseo-Bellini.
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PAROLE RITROVATE: TWEET
In inglese sta per “cinguettio” ed è una voce onomatopeica,
come il nostro cip cip; oggi identifica i messaggi con cui si comunica su un
noto social network. Più brevi dei lanci di agenzia, corredati da simboli impossibili da
decifrare per i non addetti, i tweet sono la nuova frontiera della
comunicazione: poco spazio per dirsi le cose, poco tempo per dirle. Insomma,
poco di tutto. Spesso, purtroppo, anche poco da dire.
(a cura di Alessandro Masi, dal supplemento Sette del
Corriere della Sera)
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Non è
possibile che il Prof. Alessandro Masi, segretario generale della "Dante Alighieri", non sappia che il verbo corredare si costruisce
correttamente con la preposizione "di".
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