Riproponiamo un nostro
vecchio articolo perché continuiamo a leggere sulla stampa (e a sentire nei
notiziari radiotelevisivi) uno strafalcione che, se non fosse tragico, ci
farebbe ridere: pericolo di vita.
I lettori che ci seguono con assiduità sanno benissimo che
nelle nostre noterelle grammaticali o linguistiche non risparmiamo colpi a
nessuno, “grandi firme” comprese, quando notiamo che ciò che scrivono cozza
contro le leggi grammaticali o il “buon senso linguistico”. La carta stampata
ci ha abituato ormai, e da tempo immemorabile, a leggere delle madornali
marronate, ma noi non ci stiamo e le denunciamo. Giorni fa, un quotidiano
locale (che non citiamo per amor di patria) riferiva, nella cronaca cittadina,
di un incidente automobilistico in cui le persone coinvolte erano tutte
all'ospedale civico “in pericolo di vita”. Se fossimo al posto di quei
poveretti faremmo tutti gli scongiuri possibili e immaginabili: il cronista –
stando al “buon senso linguistico” – ha scritto che sussiste “il pericolo che
possano vivere”, quindi, “debbono morire”. Ci spieghiamo meglio. “Pericolo di
vita” – se si conosce un pochino la madre lingua – significa “possibilità di
sopravvivenza”; il “rischio”, dunque, sta nel fatto che si possa vivere. Si
deve dire correttamente, quindi, “pericolo di morte”, non “di vita”. Il
pericolo sta nel fatto che si muoia, non che si viva. Sui tralicci dell'alta
tensione i cartelli che avvertono del pericolo recitano, infatti, “pericolo di
morte”, non “pericolo di vita”. O siamo in errore?
***
Mettere (qualcuno) tra l'uscio e il muro
Ecco un altro modo di dire poco
conosciuto e, quindi, poco adoperato. Ma che cosa vuol dire? Costringere
qualcuno a venire allo scoperto, a manifestare le sue vere intenzioni, a
rivelare i suoi pensieri "nascosti". La locuzione si rifà
all'immagine di una persona nascosta dietro una porta che, progressivamente,
viene spinta e stretta fra il muro (la parete) e l'anta; cosí facendo è
costretta a spostarsi e, quindi, a... mostrarsi.
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