A proposito
di "dirazzare", di cui abbiamo parlato giovedí scorso, per
associazione di idee ci è venuto alla mente il modo di dire "passare in
razza". Questa locuzione è affine a quella latina "promoveatur ut
amoveatur" (gli si dia una promozione per rimuoverlo). Chi passa in razza,
dunque? Colui (o colei) che viene insignito di un'alta carica puramente
onorifica che in realtà, però, comporta l'allontanamento dai compiti
importantissimi espletati dall'interessato. Si dice, insomma, di personaggi che
vengono promossi di grado perché cessino di occuparsi di determinate e
importanti attività. L'espressione allude al trattamento riservato agli animali
da competizione - in particolare cavalli e cani - i quali al tramonto della
loro carriera agonistica vengono adibiti esclusivamente alla riproduzione;
passano, quindi, in... razza. Di qui, per l'appunto, l'uso figurato della
locuzione, adoperata anche in senso ironico o scherzoso.
***
Alcuni sacri
testi grammaticali classificano certi "sostantivi festivi" quali
Natale, Pasqua ed Epifania tra i cosí detti nomi difettivi, nomi, cioè, privi o
di singolare o di plurale. Natale, Pasqua ed Epifania non avrebbero la forma
plurale. Francamente non riusciamo a capire perché dovrebbero essere solo
singolari. Non diciamo, per esempio, tutti i Natali trascorsi insieme? Oppure,
nei tempi andati non si era soliti, nelle Epifanie, fare dei regali ai vigili
urbani? Ancora. Quante Pasque, amico mio, sono trascorse da quando ci
conosciamo? Naturalmente attendiamo gli strali del solito linguista "d'assalto".
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