domenica 22 settembre 2013

Piú o... meno

Caro Direttore, la prego, cortesemente, di voler pubblicare – sul suo autorevole portale – questa mia lettera aperta indirizzata agli amanti del bello scrivere e del bel parlare, perché ho notato che non tutti usano correttamente la nostra meravigliosa lingua italiana; le dirò di più, alcuni conoscono meglio la lingua di Albione a scapito dell’idioma di Dante. Quanto sto per scrivere, dunque, mi riguarda da vicino perché sono parte… lesa.  Mi sono accorto, però, di non essermi presentato, chiedo scusa e rimedio subito. Mi chiamo Meno e provengo dal nobile latino “minus”, neutro di “minor, minoris”. Nella lingua italiana svolgo, di volta in volta, varie funzioni ed è proprio di queste che desidero parlare perché molti – e tra questi le grandi ‘firme’ del giornalismo e gente di cultura – mi adoperano con funzioni e significati che molto spesso non mi appartengono. Ciò mi turba moltissimo in quanto vedo calpestata la mia personalità, quasi fossi una sorta di  straccio buono per qualsiasi uso. No, amici, consentitemi di reagire con la massima fermezza a questo sopruso di cui sono vittima un giorno sí e l’altro pure. Con questa lettera aperta, dunque, desidero chiarire, una volta per tutte, le mie importantissime “mansioni” nel campo della lingua, sempre piú vilipesa da sedicenti scrittori che non perdono occasione per “esibirsi” nei vari programmi culturali radiotelevisivi. Un tempo si diceva che l’Italia è un popolo di navigatori, di poeti e di, aggiungo io, scrittori. Che scrittori! Gente che mi adopera con il significato di “no” nel costrutto disgiuntivo come, per esempio, in frasi «ignoro se il colpevole sia stato riconosciuto o meno dai vari testimoni». In siffatte frasi offendono me, ma soprattutto il mio collega No, l’unico avverbio abilitato a ‘comparire’ in proposizioni disgiuntive. È, altresì, scorretto chiamarmi in causa facendomi precedere dalla preposizione impropria “senza” nel significato di “senza dubbio”, “certamente” e simili: verrò senza meno. In buona lingua si dice «verrò certamente, senza dubbio». Per quanto riguarda l’espressione “quanto meno” è preferibile, cortesi amici, sostituirla con “almeno”. Ma vediamo le mie funzioni e il relativo corretto uso. La funzione “principe” è quella avverbiale; indico, unito a un verbo, una quantità (o una qualità) minore: Giovanni mangia meno. Svolgo il medesimo ruolo con gli aggettivi: meno bello, meno gradito. Sono anche correttamente adoperato come aggettivo e avverbio per formare il comparativo di minoranza e, se preceduto dall’articolo determinativo, concorro alla formazione del superlativo relativo di… minoranza: è meno ricco di lui (comparativo di minoranza),  è il meno ricco (superlativo relativo).  Adoperato con il collega Piú formo le espressioni “piú o meno”, “poco piú, poco meno”, che valgono ‘approssimativamente’, ‘all’incirca’: in sala c’erano piú o meno duecento persone. Il mio impiego è altresì corretto con significato negativo purché – ripeto – non “appaia” nei costrutti disgiuntivi (frasi interrogative doppie): l’ho incontrato quando meno me l’aspettavo. Quando sono in veste di sostantivo – cosa importantissima e da evidenziare – non posso essere pluralizzato in quanto ho valore neutro e come tale indico la “piú piccola cosa”: è il meno (la piú piccola cosa) che potessi fare per ringraziarli. Preceduto dall’articolo determinativo plurale “i” vengo impiegato riferito a persone per indicare “la minor parte”, “la minoranza”: sono i meno ad assumere un atteggiamento come il tuo. Quest’uso, per la verità, non lo consiglio – anche se in regola con la legge grammaticale. Non è meglio dire e scrivere: è la minoranza ad assumere un atteggiamento come il tuo? A questo punto permettetemi una piccola digressione. L’esempio precedente mi ha richiamato alla mente una “regola” linguistica secondo la quale tutti  i periodi che cominciano con una forma impersonale sono impropri e in quanto tali non si incontrano in una buona prosa. Sono da evitare, quindi, frasi tipo: fu a te che mi rivolsi. In buona lingua si dirà: mi rivolsi a te. Gentili amici, ho cercato di non cadere nella pedanteria elencandovi i vari casi in cui il mio uso è “conforme agli obblighi di legge”; se ci sono riuscito mi congratulo con me stesso, in caso contrario vi prego di  perdonarmi,  ma l’argomento era troppo importante perché lo sottacessi. Vi ringrazio della gentile attenzione prestatami ed esterno pubblica riconoscenza al Direttore per la sua cortese ospitalità. Ancora un grazie di cuore e un saluto affettuoso dal vostro amico 
Meno

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La parola del giorno (proposta da questo portale): onciàle

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