Nel linguaggio di tutti i giorni – come abbiamo
visto altre volte – adoperiamo alcuni termini che conosciamo per pratica, senza
renderci conto del significato della parola stessa. Qualche esempio fra i
tanti? Tutte le parole che adoperiamo quando ci mettiamo a tavola: forchetta,
coltello, cucchiaio ecc. Quanti sanno, per esempio, perché l’occorrente per la
tavola si chiama “coperto” quando tutto è… scoperto? Come si può vedere sono
tutte parole di uso comune il cui significato “scoperto” è noto a tutti. A noi
interessa scoprire, invece, il significato “coperto”, quello nascosto “dentro”
la parola. Cominciamo, dunque, con lo scoprire il… coperto, che nell’accezione “moderna”
è l’apparecchiatura della tavola (tovaglia, tovagliolo, posate ecc.) e in senso
piú esteso il diritto fisso che si paga, in trattoria, per il servizio. Per
capire perché tutto ciò si chiama “coperto” (quando in realtà è tutto “scoperto”)
occorre tornare indietro nel tempo e fermarsi al Medio Evo. In quel periodo storico
le morti per avvelenamento alimentare erano all’ordine del giorno; i cibi,
quindi, venivano chiusi a chiave dentro la credenza, al sicuro da eventuali
avvelenatori. Nello stesso mobile, coperto in un vasellame preziosissimo,
veniva riposto tutto ciò che occorreva per imbandire la tavola del nobile e
degli ospiti di riguardo. Trascorsi i “secoli bui” del Medio Evo si continuò
nell’usanza di coprire in vasellami le posate di cui si sarebbe servito l’ospite
al quale si voleva dare una rilevante importanza. Questo uso, in particolare,
era molto in auge nelle corti francesi tanto è vero che il nostro “coperto”
(nel significato di apparecchiatura della tavola) viene dal francese “couvert”.
I nostri cugini francesi sono sempre stati maestri in fatto di raffinatezza. E
le posate? Ci affidiamo, in proposito, a quanto ci dicono Erminia Bellini e
Andrea Di Stefano. Le posate, dunque, participio passato del verbo posare,
derivano il loro nome dal fatto che segnalano il posto dove si deve collocare, “posare”,
il commensale. La parola discende dal latino “pausare” (fermarsi), ma certo ha
subíto l’influenza della lingua spagnola, dove “posada” significa “astuccio con
le posate” e ha finito col significare ‘locanda’. Nel secolo XVI troviamo anche
in italiano “posata” nel significato di ‘albergo’, ‘alloggio’ e ‘maneggio’ dei cavalli, mentre nella nostra
valenza attuale comincia ad essere usata nel secolo XVII. Impensata è l’etimologia
di “cucchiaio”, presente nella nostra lingua solo a partire dal secolo XIV:
deriva dal latino “cochlearium”, che era un recipiente per le chiocciole e poi,
secondo Marziale, una specie di cucchiaio tagliente per estrarre le chiocciole
dal guscio. La parola è strettamente connessa col greco “kòchlos” (conchiglia).
Quindi cucchiaio, conchiglia, chiocciola sono parole legate l’una all’altra e
la cosa appare talmente evidente che ci si meraviglia di non averci mai
pensato. Intuitivo il termine forchetta: diminutivo di “forca”, dal verbo “forare”,
di cui una varietà è “ferire”. La radice “far”, in sanscrito “bher”, si trova
in ‘faringe’ e ‘forbice’, il che dimostra che nelle derivazioni “far” ha assunto
una valenza sia attiva sia passiva: produrre un foro o essere forato, cavo. E
veniamo al “coltello”, che ha un’origine molto incerta sebbene sia parola
antichissima che si trova in tutta l’area indeuropea. Il coltello, dunque, sarebbe (il condizionale è d’obbligo) il latino
“cultellus”, diminutivo di "culter, cultri" (coltro), lama assai tagliente, nell’aratro,
disposta verticalmente davanti al vomere per fendere il terreno e, per
estensione, l’aratro stesso. Il coltello, quindi, si rifarebbe al mondo
contadino. E visto che siamo a tavola, due parole sulla frutta il cui plurale
resta invariato (le frutta) anche se è tollerata la forma toscana “le frutte”.
Cominciamo con il dire, dunque, che chi mangia la frutta è un… godereccio in
quanto gode dei prodotti della terra, il termine (frutta) viene, infatti, dal
verbo “frúi” (godere) e questo da una radice indeuropea, “bhrug”, la stessa che
ha dato vita al “frumento”, contrazione di “frugimentum”, e a “frugale”, nel
senso di persona che si accontenta dei frutti della terra, quindi di cose
semplici…
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La parola di oggi: inciprignito
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La parola di oggi: inciprignito
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