Roberto uscí dal colloquio con il primo dirigente dell’ufficio assunzioni con gli occhi stralunati, era sconvolto, fuori di sé; non riusciva a capire il motivo per il quale non era stato assunto nonostante avesse “strabiliato” – con la sua preparazione professionale – tutti i componenti l’ufficio assunzioni. Non riusciva a darsi pace, aveva un impellente bisogno di lavorare per mantenere la sua famiglia composta di moglie e cinque figli. Strada facendo si ricordò di una frase che gli disse un amico qualche giorno prima del colloquio, frase che, lí per lí, non afferrò: «Quando sarai convocato dal dirigente non dimenticare di portare con te un po’ di sapone, ti sarà utile al momento opportuno». All’improvviso ne capí tutta la sua “portata”: era un modo di dire per fargli intendere che avrebbe dovuto fare un “pensierino” al dirigente. “Dare il sapone” significa, infatti, ‘dare generose ricompense a chi esercita un ufficio per ottenere un trattamento di favore’; significa, insomma, per parlar fuori di metafora, “corrompere qualcuno”. Puccio Lamoni, nelle note linguistiche al “Malmantile racquistato” (un poema burlesco), cosí spiega la locuzione: «Come nell’insaponare una carrucola (una corda) o una ruota si facilita il veicolo, e si fa che non strida». Con lo stesso significato si usano le espressioni “dare la busterella”, “ungere il grifo”, “dare l’unguento di zecca”, “buttar l’osso a qualcuno”: dare una mancia favolosa (come si fa con i cani per non farli abbaiare).
mercoledì 12 giugno 2013
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento