Non abbiamo intenzione alcuna di urtare la suscettibilità dei nostri Lettori, che conoscono perfettamente l’uso della punteggiatura, in particolare dei due punti. Trattiamo questo argomento perché abbiamo notato che i cosí detti operatori dell’informazione adoperano questi segni d’interpunzione – che sono basilari – “ad capochiam”, inducendo in errore i lettori sprovveduti. Vediamo, dunque, sia pure per sommi capi, il loro uso corretto. La funzione principale di questi segni è quella di introdurre un discorso diretto, un’elencazione o una spiegazione (in quest’ultimo caso stanno per “cioè”, “ossia”). E qui sorge il problema sul loro uso corretto. Molti dimenticano, infatti, che questi segni – cosí come gli altri – non possono mai separare o dividere il soggetto dal complemento oggetto. È pertanto errato scrivere, per esempio, «Giovanna è andata al mercato e ha comprato: patate, cipolle, fagioli e pere». In questo caso la merce acquistata costituisce la serie dei complementi diretti introdotti dal verbo “ha comperato”, che non può assolutamente essere seguito dai due punti separando, in tal modo, il soggetto (Giovanna) dai complementi. Ma non avevamo detto che i due punti introducono un’elencazione? E la merce acquistata non è un elenco? In casi del genere – per non andare contro la legge linguistica – basta far seguire il verbo da “questo”, seguito a sua volta, e giustamente, dai due punti. Cosí facendo non si separa il soggetto dal complemento oggetto: «Giovanna è andata al mercato e ha comperato questo: patate, cipolle, fagioli e pere». Abbiamo notato, inoltre, che è invalso l’uso sulla stampa – quella sportiva in particolare – di non mettere le virgolette dopo i due punti quando si riportano le parole di un personaggio. Ci capita sovente di leggere frasi del tipo, «l’allenatore: Ci rifaremo la prossima volta». È superfluo ricordare, dunque, che i due punti introducono un discorso diretto, le virgolette sono, quindi, obbligatorie (non basta far cominciare la prima parola del discorso diretto – le frasi riportate – con la maiuscola). Non seguite questi esempi che insozzano il nostro bell’idioma. Ma ormai lo sapete: i mezzi di comunicazione di massa “non fanno la lingua”, anzi… I due punti, insomma, leggiamo sul “Grande libro della lingua italiana”, sono «come due chiodi col moschettone, messi uno al di qua e uno al di là di un ostacolo da superare, per farci passare la fune quando manca l’appoggio per i piedi. I due punti infatti stanno sempre dove dovrebbe esserci una congiunzione, di qualsiasi tipo, e invece non c’è, cosí che il discorso deve fare un salto aiutandosi coi due punti come può. Per questo nella lettura i due punti seguono una pausa forte, e di solito anche un cambiamento di tono, come se, per continuare con l’esempio della camminata in montagna, da questo lato del crepaccio ci fosse un prato e di là un terreno sassoso».
domenica 30 giugno 2013
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