lunedì 12 marzo 2012

«Superfluità ridicole»

Quando scriviamo, anche una lettera a un amico, per esempio, rileggiamo con attenzione quanto scritto perché possiamo infarcire il tutto di “superfluità ridicole”, a scapito della bellezza e della scorrevolezza del testo. Abbiamo scritto un’ovvietà? Può darsi. Piluccando però, qua e là, in varie pubblicazioni non ci sembra, poi, una ovvietà. Vediamo, dunque. In corsivo marcato la superfluità: «Sono stato accolto con molto calore tanto che il mese prossimo ritornerò di nuovo a trovarvi»;  «Abbiamo visitato il mercato rionale: nel cesto della lattuga c’erano dei piccoli vermiciattoli»;  «Dopo l’incidente, i soccorritori lo hanno trasportato al pronto soccorso: aveva una forte emorragia di sangue»; «Durante la parata militare davanti a tutti precedeva l’alfiere con la bandiera; «Le persone sequestrate – si apprende da fonti sicure – stanno ottimamente bene; «Il protagonista ha mostrato di possedere una speciale singolarità d’interpretazione»; «Il ragazzo deve impegnarsi con costante assiduità»; «La colazione sarà al sacco: affettato, frutta e due o tre pagnottelle di pane». Potremmo continuare, ma non vogliamo tediarvi oltre misura. È bene, per tanto - come dicevamo -  rileggere i nostri testi perché mentre scriviamo non sempre ci accorgiamo delle castronerie che inavvertitamente "buttiamo giú".




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