Tutti
ricorderanno la 'canzoncina' scolastica: su
qui e su qua l’accento non va, su lí e su là l’accento ci va. Pochi,
crediamo, ricorderanno la ragione. Riteniamo, quindi, di fare cosa gradita rinfrescando loro
la memoria, anche perché ci capita spesso di leggere sulla stampa frasi che
contengono gli avverbi di luogo “qui” e “qua” con tanto di accento. I reiterati
allarmi dell’Accademia della Crusca sulla “disconoscenza” della lingua italiana
dei cosí detti operatori dell’informazione o "dispensatori di
notizie" - non avevamo dubbi - non hanno sortito l’effetto sperato. I
giornali (soprattutto le così dette grandi firme, che si piccano di "fare la lingua"), imperterriti, continuano a ‘propinarci’ granciporri linguistico-grammaticali a
iosa (segnatamente ora, non avendo più - per ridurre i costi - la "rete di salvataggio": i correttori di bozze). Ma veniamo al “dunque”. Una regola ortografica stabilisce che i
monosillabi - composti con una consonante e una vocale - non prendono mai
l’accento, salvo nei casi in cui si può creare confusione con altri monosillabi
uguali ma di significato diverso (le cosí dette parole omofone e omografe,
potremmo quasi dire), come nel caso, appunto, degli avverbi di luogo “lí” e
“là” che, senza accento, potrebbero confondersi con ‘li’ e ‘la’, rispettivamente
pronome e articolo-pronome.
Un’altra legge stabilisce, invece, l’obbligatorietà
dell’accento quando nel monosillabo sono presenti due vocali, di cui la seconda
tonica: piú, giú, ciò, già ecc. Dovremmo scrivere dunque - rispettando la legge
citata - “quí” e “quà” (con tanto di accento). A questo proposito, però,
occorre ricordare, anzi osservare il fatto che la vocale “u” quando è preceduta
dalla consonante “q” fa da ‘serva’ a quest’ultima; in altri termini la “u”, in
questo caso, non è piú considerata vocale a sé ma parte integrante della
consonante “q(u)” . Avremo, per tanto, qui e qua senza accento perché - per la
legge citata all’inizio - i monosillabi composti di una consonante e di una
vocale rifiutano l’accento grafico (scritto): no, me, lo, te, qui, qua. E a
proposito di accento, finiamola col tacciare di analfabetismo coloro che
accentano il “sú”, avverbio, per distinguerlo dal “su” preposizione: guarda sú
(avverbio); poggia il libro su (preposizione) quello scaffale. Non vanno
condannati, però, solo se lo fanno consapevolmente...
***
Due parole, due, sull'uso di un aggettivo che a nostro modo
di vedere molto spesso viene adoperato a sproposito: nutrito.
Questo aggettivo, dunque, è il participio passato del verbo nutrire e
significa pasciuto, robusto, ben nutrito e simili: è un
ragazzo nutrito, cioè pasciuto.
Molto spesso si usa, invece, con un significato che non ha: caloroso, forte,
insistente, scrosciante e simili: la cantante è stata accolta con
un nutrito applauso. Quest'uso, se non scorretto, ci sembra,
per lo meno, ridicolo. Gli applausi possono essere nutriti, cioè pasciuti,
robusti? Certamente no.
Chi ama il bel parlare e il bello scrivere ha altri aggettivi che fanno alla
bisogna in casi del genere: caloroso, lungo, forte, fragoroso, scrosciante,
incessante ecc. Quanto al verbo nutrire non tutti sanno, forse, che si può
coniugare normalmente o con l'inserimento dell'infisso "-isc-": nutro
o nutrisco, dunque.
(Le
immagini sono riprese dalla Rete, di dominio pubblico, quindi. Se víolano i
diritti d'autore scrivetemi; saranno prontamente rimosse: faraso1@outlook.it)
Nessun commento:
Posta un commento