mercoledì 27 dicembre 2023

Una "rinfrescatina" linguistico-grammaticale


Tutti ricorderanno la 'canzoncina' scolastica: su qui e su qua l’accento non va, su lí e su là l’accento ci va. Pochi, crediamo, ricorderanno la ragione. Riteniamo, quindi, di fare cosa gradita rinfrescando loro la memoria, anche perché ci capita spesso di leggere sulla stampa frasi che contengono gli avverbi di luogo “qui” e “qua” con tanto di accento. I reiterati allarmi dell’Accademia della Crusca sulla “disconoscenza” della lingua italiana dei cosí detti operatori dell’informazione o "dispensatori di notizie" - non avevamo dubbi - non hanno sortito l’effetto sperato. I giornali (soprattutto le così dette grandi firme, che si piccano di "fare la lingua"), imperterriti, continuano a ‘propinarci’ granciporri linguistico-grammaticali a iosa (segnatamente ora, non avendo più - per ridurre i costi - la "rete di salvataggio": i correttori di bozze). Ma veniamo al “dunque”. Una regola ortografica stabilisce che i monosillabi - composti con una consonante e una vocale - non prendono mai l’accento, salvo nei casi in cui si può creare confusione con altri monosillabi uguali ma di significato diverso (le cosí dette parole omofone e omografe, potremmo quasi dire), come nel caso, appunto, degli avverbi di luogo “lí” e “là” che, senza accento, potrebbero confondersi con ‘li’ e ‘la’, rispettivamente pronome e articolo-pronome.

Un’altra legge stabilisce, invece, l’obbligatorietà dell’accento quando nel monosillabo sono presenti due vocali, di cui la seconda tonica: piú, giú, ciò, già ecc. Dovremmo scrivere dunque - rispettando la legge citata - “quí” e “quà” (con tanto di accento). A questo proposito, però, occorre ricordare, anzi osservare il fatto che la vocale “u” quando è preceduta dalla consonante “q” fa da ‘serva’ a quest’ultima; in altri termini la “u”, in questo caso, non è piú considerata vocale a sé ma parte integrante della consonante “q(u)” . Avremo, per tanto, qui e qua senza accento perché - per la legge citata all’inizio - i monosillabi composti di una consonante e di una vocale rifiutano l’accento grafico (scritto): no, me, lo, te, qui, qua. E a proposito di accento, finiamola col tacciare di analfabetismo coloro che accentano il “sú”, avverbio, per distinguerlo dal “su” preposizione: guarda sú (avverbio); poggia il libro su (preposizione) quello scaffale. Non vanno condannati, però, solo se lo fanno consapevolmente...

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Due parole, due, sull'uso di un aggettivo che a nostro modo di vedere molto spesso viene adoperato a sproposito: nutrito. Questo aggettivo, dunque, è il participio passato del verbo nutrire e significa pasciuto, robusto, ben nutrito e simili: è un ragazzo nutrito, cioè pasciuto.

Molto spesso si usa, invece, con un significato che non ha: caloroso, forte, insistente, scrosciante e simili: la cantante è stata accolta con un nutrito applauso. Quest'uso, se non scorretto, ci sembra, per lo meno, ridicolo. Gli applausi possono essere nutriti, cioè pasciuti, robusti? Certamente no.

Chi ama il bel parlare e il bello scrivere ha altri aggettivi che fanno alla bisogna in casi del genere: caloroso, lungo, forte, fragoroso, scrosciante, incessante ecc. Quanto al verbo nutrire non tutti sanno, forse, che si può coniugare normalmente o con l'inserimento dell'infisso "-isc-": nutro o nutrisco, dunque.



 

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