A costo di attirarci le ire di qualche “linguista d’assalto” (e ce ne sono a iosa), vogliamo mettere in evidenza il fatto che - a nostro modo di vedere - gli aggettivi “adeguato” ed “equo”, nonostante la stretta parentela etimologica, non si possono considerare “perfettamente” sinonimi. Adopereremo l’aggettivo adeguato quando sta per “proporzionato”: occorre dargli un risarcimento adeguato (proporzionato) al danno subíto. Useremo equo quando quest’aggettivo significa “giusto”, “ragionevole”: tutti, per il loro lavoro, hanno diritto a un’equa (giusta) retribuzione. Scriviamo queste noterelle perché abbiamo letto, su un giornale locale, che “gli avvocati hanno chiesto al tribunale di dare una pena equa all’atrocità del delitto”. Ancora ridiamo.
Forse non tutti sanno (i sacri testi
trattano l'argomento?) che molti avverbi diventano preposizioni quando sono
preposti al sostantivo. Vediamone qualcuno: dentro (dentro la stanza), sopra,
fuori, sotto, dopo, prima, dietro, davanti,
senza, eccetto, presso ecc. È bene ricordare, inoltre, che
una preposizione composta di piú parole si chiama modo prepositivo o locuzione
prepositiva: per mezzo di..., insieme con, in luogo di
ecc.
Ancora una volta ci preme ricordare
che il verbo “arricchire” si costruisce con le preposizioni “di” o “con”. I
“dicitori” dei notiziari radiotelevisivi assieme ai colleghi della carta
stampata, imperterriti, continuano a utilizzare la preposizione “da”, che,
ripetiamo, è scorretta inducendo, quindi, in errore gli ascoltatori e i lettori
sprovveduti in fatto di lingua.
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La lingua "biforcuta" della stampa
"Da Giorgia una lezione alle femministe. Le donne dem sono ancora succubi"
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Correttamente: succube. DOP, Dizionario di Ortografia e di Pronunzia: succubo [S2kkubo] (meno bene succube [S2kkube]) s. m. — anche agg.: come la statua sùccuba di Venere [k1me lla St#tua S2kkuba di v$nere] (D’Annunzio) — usato dal Rinascim. al primo ’900 quasi solo come s. m. o agg. m. nella forma del pl.: spiriti, demoni incubi e succubi; di qui la falsa ricostruz. moderna d’un sing. succube nel nuovo sign. di «chi soggiace alla volontà d’un altro». Vocabolario De Mauro: sùc|cu|bo agg., s.m. 1563 nell'accez. 2; der. del lat. tardo succuba “concubina”, der. di succubāre “giacere sotto”.
Succubo, insomma, è un aggettivo (ma anche sostantivo) della 1^ classe, come "buono". Quindi: succubo, maschile singolare; succuba, femminile singolare; succubi, maschile plurale; succube, femminile plurale.
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