martedì 16 gennaio 2018

Sgroi - La fede solo in «dialetto»? (Papa Francesco dialettofilo linguista-semiologo)

di Salvatore Claudio Sgroi*

1. Ipse dixit. Così parlò il Sommo Locutore

«La trasmissione della fede soltanto può farsi in dialetto, la lingua intima delle coppie. Nel dialetto della famiglia, nel dialetto di papà e mamma, di nonno e nonna» ‒ sono le parole dette da Papa Francesco (così nel testo riportato da R.it Vaticano on line e in altre testate) in occasione della messa per la festa del battesimo di Gesù, domenica 7 gennaio, in cui ha battezzato nella Cappella Sistina 34 neonati.

Il Sommo locutore ha quindi ribadito:

«Ma non dimenticatevi questo: [la trasmissione della fede] si fa in dialetto, e se manca il dialetto, se a casa non si parla fra i genitori quella lingua dell'amore, la trasmissione non è tanto facile, non si potrà fare».

La prima perplessità che possono invero far sorgere tali frasi è che la trasmissione della fede non possa aver luogo con gli italofoni nativi esclusivamente tali, in quanto non-dialettofoni. Ovvero sembrerebbe che il Papa sopravvaluti il "Dialetto" rispetto alla "lingua", come se la stessa trasmissione della fede non potesse aver luogo in "lingua". Il che sarebbe paradossale.

2. Dialetto «lingua intima», «lingua dell'amore»

Ora, nella formulazione del Sommo locutore il termine «Lingua» appare adoperato accanto a «dialetto» come termine più generale, "iperonimo" di dialetto («dialetto, la lingua intima delle coppie»; «il dialetto [...] lingua dell'amore»). Ovvero, per papa Francesco, la «Lingua» si presenta come idioma caratterizzato da più varietà: (i) quella «intima» ovvero 'privata' detta «dialetto», e (ii) per contrasto implicitamente quella "non-intima", 'non-privata', ossia 'pubblica', ufficiale, che è quella «dei catechisti», evocati in una ulteriore enunciazione:

«Poi verranno i catechisti a sviluppare questa prima trasmissione, con idee, con le spiegazioni» [della lingua pubblica, non intima].

3. Dialetti primari e dialetti secondari

In che senso, a questo punto, i parlanti italiano ma non dialetto, ovvero gli italofoni che non sono dialettofoni, non sono esclusi dalla trasmissione della fede?

Il «dialetto della famiglia», «il dialetto di papà e mamma», «il dialetto di nonno e nonna» in quanto «lingua intima», riguardano tecnicamente, per dirla con Eugenio Coseriu, i "dialetti primari" parlati in Italia (per es. piemontese, emiliano, napoletano, siciliano, ecc.). I parlanti "non-dialettofoni primari" in quanto italofoni esclusivi sono però a loro volta "dialettofoni secondari", in quanto l'italiano lingua nazionale si configura come insieme di varietà di italiani regionali, definibili con Coseriu come "dialetti secondari". E gli italiani regionali presentano registri differenziati, da quelli più familiari a quelli più formali, tra cui scegliere secondo gli interlocutori, i contesti, l'oggetto della interazione.

Ecco dunque come tutti i parlanti rientrano, in quanto tutti dialettofoni primari e secondari, -- comunemente bilingui (lingua/dialetto) o anche esclusivamente monolingui, -- nella categoria indicata da Bergoglio come "parlanti in dialetto" (primario e secondario).

4. Il «dialetto» (primario o secondario) in quanto lingua nativa (non seconda)

Per Bergoglio il «dialetto» è allora essenziale in quanto idioma nativo, acquisito (più che "appreso") per primo nell'interazione naturale in famiglia prima, e poi con i pari, per tutti i bisogni espressivi, interattivi, cognitivi. E l'idioma nativo può essere o un dialetto "primario" oppure il dialetto "secondario" (la lingua nazionale in una qualsiasi varietà regionale, appresa in famiglia, con i pari e a scuola).

5. Il pianto «un dialetto», «una lingua»

Ma l'intervento di Papa Francesco è rilevante anche a un livello teorico, più generale, quello semiologico, perché "il pianto" dei battezzandi, in quanto linguaggio non-verbale, espressivo-comunicativo con riferimento a richieste, bisogni diversi, è definito un vero e proprio «dialetto» e «lingua»:

«Adesso tutti [i bambini] stanno zitti ma è sufficiente che uno dia il tono, e poi l'orchestra segue. Il dialetto dei bambini, e Gesù ci consiglia di essere come loro, di parlare come loro».

«Noi non dobbiamo dimenticare questa lingua dei bambini, questa lingua, parlano come possono, ma è la lingua che piace tanto a Gesù».

«Anche loro [i bambini] hanno il proprio dialetto, che ci fa bene sentirlo».

6. Il pianto?: «un'orchestra», «un concerto»

Se il pianto dei bambini è per lo più percepito come un "rumore", papa Francesco non solo lo rivaluta semiologicamente, come lingua-dialetto, ma giudica i pianti dei battezzandi «un'orchestra», ovvero «un concerto».

«Adesso tutti stanno zitti ma è sufficiente che uno dia il tono, e poi l'orchestra segue», aveva detto.

«E se loro [i battezzandi] incominciano a fare il concerto è perché non sono comodi, o hanno troppo caldo, o non si sentono a loro agio, o hanno fame».

Così facendo, papa Francesco si mostra in straordinaria sintonia con i teorici del linguaggio per i quali il linguaggio verbale presenta "la melodia" rispetto alla musica, che è invece caratterizzata dalla "armonia", risultante dall'accordo di più voci, da una "sinfonia" come in una «orchestra», in un «concerto» (cfr. per es. A. Moro, Le lingue impossibili, Cortina ed. 2017, pp. 79-80).

7. Il pianto delle madri

Accanto al dialetto, anche le madri non mancheranno di far ricorso alla stessa lingua dei neonati, il pianto. «[Il pianto] è la lingua dei bambini, parlano come possono ma è la lingua che piace tanto a Gesù», sottolinea Bergoglio. «E nelle vostre preghiere siate semplici come loro, dite come loro anche con il pianto»; «dite a Gesù quello che è nel vostro cuore, come dicono loro oggi, lo diranno col pianto, come i bambini».

8. L'allattamento «un linguaggio di amore»

Papa Francesco invita ancora le mamme ad allattarli pure, i bambini, in chiesa. L'allattamento è così semiologicamente interpretato come «linguaggio di amore»:

«Se [i bambini] hanno fame, allattateli, senza paura, dategli da mangiare, perché anche questo è un linguaggio di amore».

9. Modello linguistico-semiologico del Sommo locutore

Concludiamo, riprendendo termini e concetti di Papa Francesco ordinati in un modello teorico linguistico-semiologico che ne evidenzia la logicità e coerenza:













                                                                                                             

                                                                                 

          



                                                                                                             

                                                                                                                                           




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