1.
Ipse dixit. Così parlò il Sommo
Locutore
«La trasmissione della fede soltanto
può farsi in dialetto, la lingua intima delle coppie. Nel dialetto
della famiglia, nel dialetto di papà e mamma, di nonno e nonna» ‒ sono le
parole dette da Papa Francesco (così nel testo riportato da R.it Vaticano on line e in altre testate) in occasione
della messa per la festa del battesimo di Gesù, domenica 7 gennaio, in cui ha
battezzato nella Cappella Sistina 34 neonati.
Il Sommo locutore ha quindi ribadito:
«Ma non dimenticatevi questo: [la
trasmissione della fede] si fa in dialetto, e se manca il dialetto, se a casa
non si parla fra i genitori quella lingua dell'amore, la trasmissione
non è tanto facile, non si potrà fare».
La prima perplessità che possono invero
far sorgere tali frasi è che la trasmissione della fede non possa aver luogo
con gli italofoni nativi esclusivamente tali, in quanto non-dialettofoni. Ovvero
sembrerebbe che il Papa sopravvaluti il "Dialetto" rispetto alla
"lingua", come se la stessa trasmissione della fede non potesse aver
luogo in "lingua". Il che sarebbe paradossale.
2.
Dialetto «lingua intima», «lingua dell'amore»
Ora, nella formulazione del Sommo
locutore il termine «Lingua» appare
adoperato accanto a «dialetto» come termine più generale, "iperonimo"
di dialetto («dialetto, la lingua intima delle coppie»; «il dialetto [...]
lingua dell'amore»). Ovvero, per papa Francesco, la «Lingua» si presenta come idioma caratterizzato da più varietà: (i)
quella «intima» ovvero 'privata'
detta «dialetto», e (ii) per
contrasto implicitamente quella "non-intima", 'non-privata', ossia
'pubblica', ufficiale, che è quella «dei catechisti», evocati in una ulteriore
enunciazione:
«Poi verranno i catechisti a
sviluppare questa prima trasmissione, con idee, con le spiegazioni»
[della lingua pubblica, non intima].
3.
Dialetti primari e dialetti secondari
In che senso, a questo punto, i parlanti
italiano ma non dialetto, ovvero gli italofoni che non sono dialettofoni, non
sono esclusi dalla trasmissione della fede?
Il «dialetto della famiglia», «il
dialetto di papà e mamma», «il dialetto di nonno e nonna» in quanto «lingua
intima», riguardano tecnicamente, per dirla con Eugenio Coseriu, i "dialetti
primari" parlati in Italia (per es. piemontese, emiliano, napoletano,
siciliano, ecc.). I parlanti "non-dialettofoni primari" in quanto
italofoni esclusivi sono però a loro volta "dialettofoni secondari",
in quanto l'italiano lingua nazionale si configura come insieme di varietà di italiani
regionali, definibili con Coseriu come "dialetti secondari".
E gli italiani regionali presentano registri differenziati, da quelli più
familiari a quelli più formali, tra cui scegliere secondo gli interlocutori, i
contesti, l'oggetto della interazione.
Ecco dunque come tutti i parlanti
rientrano, in quanto tutti dialettofoni primari e secondari, -- comunemente
bilingui (lingua/dialetto) o anche esclusivamente monolingui, -- nella
categoria indicata da Bergoglio come "parlanti in dialetto" (primario
e secondario).
4.
Il «dialetto» (primario o secondario) in quanto lingua nativa (non seconda)
Per Bergoglio il «dialetto» è allora
essenziale in quanto idioma nativo, acquisito (più che "appreso") per primo nell'interazione naturale in
famiglia prima, e poi con i pari, per tutti i bisogni espressivi, interattivi,
cognitivi. E l'idioma nativo può
essere o un dialetto "primario" oppure il dialetto
"secondario" (la lingua nazionale in una qualsiasi varietà regionale,
appresa in famiglia, con i pari e a scuola).
5. Il pianto «un dialetto», «una lingua»
Ma l'intervento di Papa Francesco è
rilevante anche a un livello teorico, più generale, quello semiologico, perché
"il pianto" dei battezzandi, in quanto linguaggio non-verbale,
espressivo-comunicativo con riferimento a richieste, bisogni diversi, è
definito un vero e proprio «dialetto» e «lingua»:
«Adesso tutti [i bambini] stanno zitti
ma è sufficiente che uno dia il tono, e poi l'orchestra segue. Il dialetto
dei bambini, e Gesù ci consiglia di essere come loro, di parlare come loro».
«Noi non dobbiamo dimenticare questa lingua
dei bambini, questa lingua, parlano come possono, ma è la lingua
che piace tanto a Gesù».
«Anche loro [i bambini] hanno il proprio
dialetto, che ci fa bene sentirlo».
6.
Il pianto?: «un'orchestra», «un concerto»
Se il pianto dei bambini è per lo più percepito
come un "rumore", papa Francesco non solo lo rivaluta
semiologicamente, come lingua-dialetto, ma giudica i pianti dei battezzandi
«un'orchestra», ovvero «un concerto».
«Adesso tutti stanno zitti ma è
sufficiente che uno dia il tono, e poi l'orchestra segue», aveva detto.
«E se loro [i battezzandi] incominciano
a fare il concerto è perché non sono comodi, o hanno troppo caldo, o non
si sentono a loro agio, o hanno fame».
Così facendo, papa Francesco si mostra
in straordinaria sintonia con i teorici del linguaggio per i quali il
linguaggio verbale presenta "la melodia" rispetto alla musica, che è
invece caratterizzata dalla "armonia", risultante dall'accordo
di più voci, da una "sinfonia" come in una «orchestra», in un «concerto»
(cfr. per es. A. Moro, Le lingue
impossibili, Cortina ed. 2017, pp. 79-80).
7.
Il pianto delle madri
Accanto al dialetto, anche le madri non
mancheranno di far ricorso alla stessa lingua dei neonati, il pianto. «[Il
pianto] è la lingua dei bambini, parlano come possono ma è la lingua che piace
tanto a Gesù», sottolinea Bergoglio. «E nelle vostre preghiere siate
semplici come loro, dite come loro anche con il pianto»; «dite a Gesù
quello che è nel vostro cuore, come dicono loro oggi, lo diranno col pianto,
come i bambini».
8.
L'allattamento «un linguaggio di amore»
Papa Francesco invita ancora le mamme ad
allattarli pure, i bambini, in chiesa. L'allattamento è così semiologicamente
interpretato come «linguaggio di amore»:
«Se [i bambini] hanno fame, allattateli,
senza paura, dategli da mangiare, perché anche questo è un linguaggio di
amore».
9.
Modello linguistico-semiologico del Sommo locutore
Concludiamo, riprendendo termini e
concetti di Papa Francesco ordinati in un modello teorico
linguistico-semiologico che ne evidenzia la logicità e coerenza:
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