Cortese
dott. Raso,
potrebbe spiegarmi per quale “oscuro” motivo bisogna scrivere (e dire) “scalfittura” (con due ‘t’) se questo sostantivo proviene dal verbo “scalfire” il cui participio passato è “scalfito” (con una ‘t’)?
potrebbe spiegarmi per quale “oscuro” motivo bisogna scrivere (e dire) “scalfittura” (con due ‘t’) se questo sostantivo proviene dal verbo “scalfire” il cui participio passato è “scalfito” (con una ‘t’)?
Grazie
in anticipo, se prenderà in considerazione la mia richiesta.
Cordialmente
Ivano S.
Frosinone
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Gentile
Ivano, per quale motivo non dovrei prendere in considerazione la sua richiesta,
che non è affatto peregrina? Sí, effettivamente si dovrebbe dire “scalfitura”,
come fa notare il linguista Ottorino Pianigiani nel suo “Dizionario etimologico”.
Il sostantivo in questione, però, è stato fatto derivare dal participio passato
di un verbo non piú in uso, “scalfiggere”, sulla scia di altri verbi di questo
tipo come "trafiggere", “friggere”, “infliggere”, “confliggere” “affliggere” e altri i cui
participi passati sono tutti in “-itto”. Da scalfiggere, dunque, abbiamo “scalfitto” e
da qui “scalfittura”.
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Due
parole sul verbo intransitivo “vaporare”, che nei tempi composti può prendere
tanto l’ausiliare “avere” quanto l’ausiliare “essere”, ma non “ad capochiam”. Prenderà l’ausiliare avere quando sta per “esalare
vapore” (quando è stato tolto il coperchio il liquido ha vaporato); l’ausiliare
essere quando assume l’accezione di “svanire” (non è stato trovato piú nulla:
tutto era vaporato).
1 commento:
Grazie per la semplice spiegazione. Sono aiuti che risolvono non poco i tanti dubbi che ci poniamo sulla nostra meravigliosa lingua Italiana.
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