Dalla rubrica di lingua del quotidiano la Repubblica in
rete:
Riccardo scrive:
Buonasera,
vorrei sapere se nelle frasi seguenti il termine di paragone ‘che’ è accettabile come alternativa all’uso standard di ‘di’. Grazie.
vorrei sapere se nelle frasi seguenti il termine di paragone ‘che’ è accettabile come alternativa all’uso standard di ‘di’. Grazie.
1. Gianni lavora più
seriamente che gli altri.
2. Gianni è più serio che Mario.
3. Mi piace ora più che prima.
2. Gianni è più serio che Mario.
3. Mi piace ora più che prima.
Riccardo
linguista_1 scrive:
Non è accettabile; si
tratta di un francesismo (in francese il complemento di paragone è introdotto
da que).
Alessandro Aresti
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Ci spiace, ma siamo in totale disaccordo sulla risposta del dr
Aresti data a Riccardo (28 gennaio) sul complemento di paragone. Il
"che" è accettabile quanto il "di", non si tratta, quindi,
di un francesismo. Il secondo termine di paragone, in italiano, può essere
introdotto sia dal "che" sia
dal "di". Quest'ultimo, però, si usa solo davanti a un pronome o un
nome non retti da preposizione (Mario è piú giovane 'di' me) o davanti a un
avverbio (Luigi camminava piú lentamente 'di' me). Negli altri casi, vale a
dire davanti a un pronome o nome retti da preposizione o allorché si paragonano
tra loro due aggettivi, due verbi o due avverbi è obbligatorio il
"che": è piú facile a dire 'che' che a fare; si comporta piú
istintivamente 'che' razionalmente.
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Riportiamo la risposta del dr Aresti pubblicata sul sito di Repubblica:
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Riportiamo la risposta del dr Aresti pubblicata sul sito di Repubblica:
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Prendiamo atto della risposta del linguista, il quale ha categoricamente scritto che il che « Non è accettabile; si tratta di un francesismo (in francese il complemento di paragone è introdotto da que)». Noi, invece, abbiamo voluto mettere bene in evidenza che si può adoperare tanto il "che" quanto il "di" (ovviamente, come abbiamo scritto, a seconda dei casi). Certo, negli esempi riportati dal lettore Riccardo è meglio usare il "di"; il "che" non sarebbe appropriato (anche se non errato).