Tutti sappiamo – piú o meno – che il superlativo, in
linguistica, o meglio in grammatica, è un termine che sta a indicare il livello
piú alto di una qualità aggettivale o avverbiale e può avere un senso assoluto
(ricchissimo) o può stabilire una relazione con un dato ambiente o gruppo (il
piú ricco del paese). Nel primo caso abbiamo il superlativo assoluto in quanto –
come dice la stessa parola – non esiste nessuno “piú ricco” del ricchissimo,
nel secondo caso abbiamo il superlativo relativo perché può esistere un altro “piú
ricco” in un altro paese. Il superlativo assoluto, insomma, indica il massimo
grado di una qualità in confronto a tutti; quello relativo, invece, indica una
qualità maggiore limitatamente a un gruppo.
In questa sede non vogliamo dilungarci sulla formazione dei vari
superlativi; vogliamo trattare, invece, una questione abbastanza sottile ma
della massima importanza: il superlativo si può formare con tutti gli aggettivi qualificativi? No. Vi sono, infatti, due casi specifici in
cui l’aggettivo non può essere “superlativizzato”. Il primo è senza dubbio piú semplice da
comprendere per la sua “logicità” perché riguarda quegli aggettivi (di grado
positivo) che contengono già in sé stessi l’idea o il concetto di una “qualità
o caratteristica realizzata al massimo grado”. Tra i numerosi aggettivi
appartenenti a questa categoria ci vengono alla mente: “perfetto”, “assoluto”, “totale”,
“esaurito”, “completo”, “saturo”. Per
fare un esempio (di cui chiediamo scusa per la sua “banale logicità”) i posti a
sedere di un teatro possono essere “esauritissimi” o “i piú esauriti” di altri
teatri? Altrettanta “banale logicità” contiene la risposta: no. Esaurito,
quindi, pur essendo un aggettivo di grado positivo è già elevato al massimo
grado. Questa “regola”, però, vale a condizione che gli aggettivi suddetti
siano adoperati in senso proprio e non estensivo o volutamente enfatico, cosa
che si ritrova nell’uso parlato. Il secondo caso – molto piú complesso –
necessita di un chiarimento preliminare. Tra gli aggettivi veri e propri
(bello, piccolo, buono, grande ecc.) vi sono quelli cosí detti di relazione,
quali, per esempio, “notturno”, “olimpico”, “finanziario”, che, quantunque classificati tra gli aggettivi qualificativi, non esprimono
una qualità in senso stretto, considerata autonomamente, quanto un stretta
relazione col nome dal quale provengono. Per fare il solito esempio “logicamente
banale”, non ci può essere un locale notturno che sia “notturnissimo” o “il piú
notturno” di altri. Un locale notturno è…
notturno, punto e basta. Gli aggettivi
di questo tipo, insomma, non si possono elevare al massimo grado (superlativo).
sabato 14 dicembre 2013
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