Ancora un modo di dire relegato nella soffitta della lingua, quindi “sconosciuto” ai piú. Chi è Giordano? E chi lo scioglie, dunque? Giordano è un cane e lo scioglie (naturalmente in senso figurato) la persona che, in preda all’ira, vuole vendicarsi di un’offesa ricevuta. Ludovico Passarini cosí spiega la locuzione: «(Il modo di dire) può esser derivato da qualche fattarello o novella in cui si cantasse che un tale offeso, volendosi vendicare, avesse sciolto dalla catena il suo fido ‘Giordano’, nome di un noto fiume solito imporsi a’ cani, e avesselo attizzato alla vita dell’offensore (a)».
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Dal Prof. Marco Grosso, moderatore di "Cruscate", riceviamo e pubblichiamo:
Indulgere "in" o indulgere "a"?
Si tende oggi a adoperare il verbo indulgere costruito con la preposizione in, mentre da sempre, in italiano, s’è costruito con a. Si tratta di un evidente influsso dell’inglese to indulge in, che i dizionari recenti si sono affrettati a registrare e ratificare.
Se è necessario tenere nel debito conto le evoluzioni che ogni lingua subisce per forza di cose, è altrettanto doveroso rimanere critici nel valutarle. Vi sono evoluzioni sane, e direi arricchenti; e ve ne sono di superficiali e deleterie. Il compito del dizionario sarebbe appunto di orientare il consultatore, cosa che sempre meno fa, acriticamente registrando, a mo’ di fotografo, quel che circola all’intorno.
Ecco l’esemplificazione dell’uso corretto.
Allora a gli occhi del soldàn rifulse
L’elmo, onde gravi l’onorata fronte;
per cui quel mago a se medesmo indulse
e forse affaticò Sterope e Bronte... (Tasso, Gerusalemme conquistata)
...Per indùlgere al mio tedio,
nova sorte mi fecero gli iddii. (D’Annunzio, Alcyone)
Uno degli obblighi miei piú gravi è quello di non avvertire la stanchezza che m’opprime, il peso enorme di tutti i doveri che mi sono e mi hanno imposto, e di non indulgere minimamente al bisogno di un po’ di distrazione, che la mia mente affaticata di tanto in tanto reclama. (Pirandello, Candelora)
...il mio compagno Renato Brozzi – di Parma come Ildebrando – m’intaglia una Venere lunga, molto lunga dagli inguini ai malleoli, stralunga, per indulgere al mio vano amore delle ismisurevoli gambe, in un avorio d’insolita misura e d’insolita struttura donatomi da un amico di Calabria reduce dall’Africa monstrifera. (D’Annunzio, Pagine del Libro segreto)
Non aveva sul volto che l’augusta impronta della morte che tutto placa, che a tutto indulge: non la serenità, ma la pace. (Serao, Il paese di Cuccagna)
Imperterrita indulge al resupino,
al temerario – o Numi! – che l’esplora
tesse gli elogi di quel suo cugino... (Gozzano, Poesie sparse)
Nessun esempio di indulgere in nel Battaglia (dizionario storico in 22 volumi), né nell’archivio BIZ[a], che raccoglie oltre mille testi della letteratura italiana dalle origini al Novecento. Secondo ogni evidenza, questo costrutto recente è stato introdotto da qualche traduttore poco attento. Torniamo dunque a dire come s’è sempre detto: indulgere A qualcosa.
3 commenti:
Cortese Dott. Raso,
utilissimo l'articolo del Prof. Grosso, da lei gentilmente ospitato.
Grazie per averlo pubblicato.
Dimenticavo, gentile dott. Raso, può darmi il collegamento di "Cruscate"?
Grazie e cordialità.
Ecco l'indirizzo, cortese puntiglioso:
www.achyra.org/cruscate
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