Ciò che stiamo per scrivere non sarà condiviso, forse, da qualche linguista “d’assalto”. Nel caso non ce ne facciamo un cruccio e andiamo avanti per la nostra strada. Veniamo al dunque. In tutti i programmi “gastronomici” delle varie emittenti televisive non si sente altro che l’espressione “a crudo”: l’olio va messo a crudo. Crudo, ricordiamolo, è un aggettivo e un sostantivo (http://www.etimo.it/?term=crudo&find=Cerca ) il cui significato primario è “non sottoposto a cottura” e non c’è alcun bisogno di farlo precedere dalla preposizione “a”: prosciutto crudo (non cotto, dunque). Qualcuno chiederebbe al pizzicagnolo di un supermercato “due etti di prosciutto ‘a’ crudo”? Perché l’olio o altre sostanze alimentari debbono essere “a crudo”? E a proposito di crudo, che in senso figurato significa “rude”, “duro”, “rozzo”, il corrispettivo avverbio è crudamente, non crudemente, come si sente e si legge spesso. Concludiamo ponendoci un interrogativo: a quando l’espressione “a cotto”?
--------
"A crudo", secondo il Tommaseo-Bellini, "dicesi di operazione fatta sopra le cose di terra prima di cuocerle" (vasi di terra, ecc.).
Nessun commento:
Posta un commento