giovedì 30 agosto 2018
Esulare? Andare in esilio
Il significato "principe" del verbo intransitivo 'esulare'
è: andare in volontario esilio. E questo significato riporta il vocabolario
Tommaseo-Bellini. Alcuni dizionari lo attestano anche, in senso figurato, con
l'accezione di "essere estraneo", "che non rientra in ciò di cui
si parla o si scrive" ed espressioni simili. Stupisce, per tanto, il
constatare che l'autorevole vocabolario Sabatini Coletti (in rete) metta a lemma
esclusivamente il significato figurato del verbo ignorando quello principale:
andare in esilio, appunto. In buona lingua italiana, insomma, a nostro avviso,
è sconsigliabile l'uso figurato del verbo in questione. Non si dica, per
esempio, "ciò che mi chiedi esula
dalle mie competenze", ma, "correttamente", non rientra (o un verbo simile) nelle mie competenze. Il verbo in questione è un denominale provenendo, infatti, dal sostantivo (nome) esule. Diamo la "parola", in proposito, a
Ottorino Pianigiani anche se, come scritto altre volte, non gode di una buona
"reputazione" tra gli addetti ai lavori.
domenica 26 agosto 2018
Prendere riviera
Chi prende riviera? Prende riviera, in senso figurato,
colui/colei che, dopo tanto penare, riesce a raggiungere la meta tanto
agognata. Ma prendono riviera, soprattutto, coloro che possono cominciare una
vita nuova, piú tranquilla. La locuzione è un prestito del linguaggio marinaro
di un tempo: prendevano riviera le imbarcazioni che riparavano in un porto al
fine di sottrarsi al maltempo e aggiustare eventuali avarie.
***
La parola (dal "sapore" un po' volgare, di cui ci
scusiamo) proposta da questo portale e a lemma non in tutti i vocabolari
dell'uso: stronzare. Verbo transitivo
che vale "ridurre", "restringere". Si trova in numerose pubblicazioni.
venerdì 24 agosto 2018
Perché i lungoteveri (plurale) e, invece, i lungadige (invariato)?
Sarebbe
interessante conoscere il motivo per cui secondo il DOP (Dizionario di
Ortografia e di Pronunzia) e altri vocabolari lungotevere e lungarno si pluralizzano al
contrario di lungadige, che resta invariato. Tutti e tre i vocaboli non hanno
la medesima formazione: una preposizione (lungo) e un sostantivo? E i nomi cosí
composti non prendono la normale desinenza del plurale?
Ecco il
motivo secondo il prof. Salvatore Claudio Sgroi, dell'Università di Catania:
La
risposta è (relativamente) semplice. COMPOSTI (morfo-semantici) VIVI E COMPOSTI
(morfologicamente) ESTINTI
a) il
composto luongotevere se pluralizza in –i, vuol dire che ha perduto la sua
natura di composto morfologico (“[viale] lungo il Tevere”), esocentrico invar.,
diventando una parola morfologicamente semplice in –e (pl. i), cfr. ben-e/-i
b) il
composto lungadige se resta invar. è perché mantiene nella coscienza del
parlante la sua natura di composto morfologico esocentrico invar. [(viale)
lungo l’Adige]
I
diversi tempi di evoluz. dei due composti dipenderanno dalla loro diversa
frequenza. Resta comunque il sospetto che, cercando in Google, ci siano ess.
anche di lungadig-i.
Ho
provato a spiegare il problema della pluralizzazione dei composti nel mio vol.
(AS)SAGGI DI GRAMMATICA LAICA, Alessandria, Ediz. dell’Orso, 2018, cap.
VIII, pp. 148-54.
martedì 21 agosto 2018
«Parlare nella barba»
Ecco un modo di dire della lingua italiana veramente
"sconosciuto" ai piú perché non fa parte del parlare di tutti i
giorni. L'espressione, ovviamente, si usa in senso figurato. Ma chi parla,
dunque, nella barba? Colui che non esplicita chiaramente il proprio pensiero
perché parla per metafore, allusioni o sottintesi. La locuzione richiama l'immagine di una persona le cui parole non si comprendono perché si perdono
nei "meandri" di una folta barba.
***
La parola proposta da questo portale: demogòrgone. Si veda anche qui.
giovedì 16 agosto 2018
Capogruppo: quale plurale?
Da "Domande e risposte" del sito Treccani:
Qual è il plurale di capogruppo?
RISPOSTA
Emanuela
Ludano
Nel caso
dei nomi composti la modalità con la quale viene formato il plurale varia in
relazione al tipo degli elementi componenti, alla loro successione (nome +
aggettivo, nome + nome, verbo + verbo, ecc.) e al grado di coesione. Quando il
composto è formato da nome + nome si può modificare, per la formazione del
plurale, sia il primo elemento (il tipo il pescespada - i pescispada),
sia il secondo (il tipo la cassapanca - le cassapanche).
In particolare, per i composti di capo, bisogna distinguere il caso
in cui il primo elemento indica la persona che sta a capo di qualcosa (il
tipo il capogruppo - i capigruppo) - e per il
plurale si modifica il primo dei due nomi -, da quello in cui indica, con
funzione appositiva, la persona che sta a capo di qualcuno (il tipo il
caporedattore - i caporedattori), - e per il plurale si
modifica il secondo dei due nomi. Quando il nome composto è femminile, capo resta
invariabile sia nel primo caso (il tipo la caposala - le
caposala), sia nel secondo (il tipo la caporedattrice - le
caporedattrici).
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Riteniamo
necessario - per una maggiore comprensione - "completare" la risposta
per quanto attiene alla formazione del plurale dei nomi composti da nome + nome.
Se il nome composto è formato da due sostantivi di genere diverso prenderà la
desinenza del plurale solo il primo elemento: il pescespada (pesce, maschile;
spada femminile), i pescispada; se,
invece, il nome composto è formato da sostantivi dello stesso genere prenderà
il plurale solo il secondo nome: la cassapanca (cassa e panca entrambi/e femminili), le cassapanche.
martedì 14 agosto 2018
Coppia: femminile o maschile? Singolare o plurale?
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È il caso di "ricordare" ai redattori titolisti del
giornale in rete il genere e il numero del sostantivo "coppia"? Se
l'arteriosclerosi non si è ancora impadronita del tutto del nostro cervello il
sommario corretto avrebbe dovuto recitare: "La coppia aveva già provato a
immergersi (la "d eufonica" di 'ad' non è grammaticalmente
necessaria perché il termine che segue la preposizione non comincia con la vocale "a") intorno alle 2:30, ma i vigili l'avevano fermata. Sono tornati dopo
alcune ore". Riproponiamo, in proposito, un magistrale articolo del prof.
Salvatore Claudio Sgroi, dell'Ateneo di Catania.
venerdì 10 agosto 2018
Fuorilegge, a volte, è proprio parola... "fuori (della) legge"
Prima di sederci davanti al computiere abbiamo indossato una
pesante corazza per difenderci dagli strali che potrebbero arrivarci da qualche
linguista (o lessicografo) se si dovesse imbattere in questo sito. Perché?
Perché intendiamo parlare di una parola che, a nostro avviso, molto spesso è
adoperata "fuori legge" (linguistica) e nessun glottologo o
lessicografo condanna. Vogliamo parlare proprio del termine
"fuorilegge". Se apriamo un qualunque vocabolario alla voce in
oggetto, leggiamo: «Sostantivo maschile e femminile, invariabile. Persona che
opera al margine della società e come se la legge non esistesse. Bandito,
delinquente». Quando il predetto sostantivo non si riferisce a una persona ed è
adoperato come aggettivo con il significato di "illegale", "illegittimo" - a nostro
avviso - va scritto in due parole "fuori (della) legge": i vigili
urbani hanno sequestrato i tavoli fuori
legge (illegali). L’univerbazione (parola unica) si dovrebbe avere, dunque, solo quando il sostantivo si riferisce a persone che agiscono fuori della legge (banditi): Giovanni e Mario sono due fuorilegge. Quando si intende indicare la contravvenzione a una
norma, insomma, i due vocaboli si staccano: un comportamento, una clausola fuori legge. I vocabolari e le
grammatiche non fanno distinzione alcuna. Ma tant'è.
sabato 4 agosto 2018
Certi errori fanno "accaponare i capelli"
Un interessantissimo articolo di Luigi Spagnolo - dell'Università per stranieri di Siena - sulla grafia distorta del verbo "accapponare", pubblicato sul sito della Treccani.
***
La parola proposta da questo portale, non a lemma nei vocabolari dell'uso: barlocchio. Sostantivo maschile. Si dice di persona che ha la vista debole. Per l'origine del termine ci affidiamo a Ottorino Pianigiani, anche se non ritenuto fededegno da alcuni linguisti.
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