Agli italofoni
meridionali (dall'Abruzzo in giù), una espressione come quella nel titolo -- Stefania, stai attenta, papà! -- detta dal papà alla figlia
Stefania -- risulterà certamente nota se non familiare e con diversa vitalità.
Ma agli italofoni dell'Italia centrale e settentrionale può apparire strano
che il padre invochi sé stesso per rivolgersi alla figlia. Eppure la frase più
neutra, con il solo vocativo diretto Stefania,
stai attenta!, è semanticamente più povera e "fredda" di quella
col doppio vocativo, diretto e "inverso", o anche col solo
vocativo" inverso": Stai
attenta, papà!. Il valore è infatti a un tempo di superiorità ("one
up") generazionale e di protezione. Parafrasabile come "stai attenta,
ascolta papà!", ovvero "te lo dice il tuo papà!".
Il costrutto è stato
ora oggetto di un'attenta analisi da parte di due giovani studiose: Rossella
Iovino e Silvia Rossi Vocativi non
vocativi. Il caso dei “vocativi inversi” tra semantica, pragmatica e sintassi,
in Livelli di analisi e fenomeni di
interfaccia". Atti del XLVII Congresso Internazionale della SLI
(Bulzoni ed. 2016, pp. 95-107). E si presta a non poche osservazioni.
Se la semantica
del costrutto è chiara, se ne possono definire i limiti di applicabilità.
L'allocuzione inversa è possibile con i termini di parentela: mamma, zio/zia, nonno/nonna, ecc., per
es. Ascolta, mamm(in)a!; ascolta, nonn(in)a!. Con frasi non solo
imperative, ma anche interrogative, per es. Che
c'è, papà?, o assertive: Non mi piace
proprio, papà!. Ma il costrutto è a-simmetrico. La figlia non potrebbe
infatti dire al padre (Claudio): *Ascolta,
figlia!. Il costrutto vocativo, es. "(o) Stefania!" con
funzione appellativa è peraltro autonomo, a differenza di quello inverso
sintatticamente non autonomo.
Il costrutto
nell'italiano regionale di Sicilia, può anche apparire nella forma articolata: Stai attenta, la mamma!. E al di fuori
della Sicilia, nel napoletano, nel romanesco (per es. in film con A. Sordi)
appare il costrutto preposizionale: Fai
tutto bene, a-ppapà! (1993). Con egual valore , e parafrasabile con
"Fai tutto bene, bello a-ppapà?".
Nel dialetto
siciliano, i parlanti secondo la diversa provenienza geografica, potranno
constatare due tipi di forme, con l'articolo o con la preposizione articolata.
Nelle zone più conservative della Sicilia, è in uso la forma con l'articolo,
maschile Ascuta, (l)u papà e
femminile Ascuta, (l)a mamma!. In
altre zone più innovative, per es. nel Catanese, appare la forma con la
preposizione articolata, maschile: Ascuta,
ô papà! (lett.' al papà') e femminile Ascuta,
â mamma! (lett. 'alla mamma').
È interessante
rilevare altresì che l'allocuzione inversa tra marito e moglie in Sicilia,
aveva luogo quando i rapporti tra i coniugi potevano essere non paritari. Non
più oggi. Le commedie dialettali di Nino Martoglio (1870-1921) sono al riguardo
una preziosa testimonianza: Ess. del 1898 e 1906: Rosa, ô maritu, dammi ajutu tu (il marito parla a
Rosa); Chi mi porti a
mugghiredda? (dice Rosa al marito). O anche (1915) tra sorella (più grande) e
fratello: E chi fai, sparri, a suruzza? (1915, dice
Marastella al fratello).
Il costrutto ricorre
anche nelle interazioni affettuose in posizione "one-up" con gli animali domestici, con termini di status come patrunedda 'padroncina': Ha
pigghiatu u suli, a veru â patrunedda? lett. 'hai preso il sole, vero, alla padroncina?' detto alla
propria cagnolina dalla proprietaria.
Quanto alla sua
origine, è diffuso in non poche lingue del mondo, indoeuropee e non, spesso
come fenomeno poligenetico: in rumeno, in arabo dialettale, ungherese, berbero,
caucasico, bantu, ecc.
* Docente di
linguistica generale presso l'Università degli Studi di Catania
Autore del volume
Autore del volume
Il linguaggio di Papa Francesco.
Analisi, creatività e norme grammaticali (Libreria Editrice Vaticana 2016)
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