Due parole su un verbo non comune: insolentire.
Questo verbo, deaggettivale, può essere tanto intransitivo quanto transitivo e a
seconda del significato, nei tempi composti, prende l’ausiliare
essere o avere. Quando sta per “diventare insolente” si coniugherà con “essere”: Giovanni, crescendo, è insolentito. Prenderà l’ausiliare
“avere” quando vale “adoperare parole insolenti”, “inveire contro qualcuno”: Giuseppe, essendo
stato contraddetto, ha insolentito contro tutti i presenti. In quest’ultimo
caso si può costruire anche transitivamente significando, appunto, “offendere”, “oltraggiare” e simili: Giuseppe, essendo stato contraddetto, ha insolentito tutti i
presenti.
*
Abbiamo notato
che molte persone danno al verbo “prorogare”
un
significato che non ha: rimandare, differire, aggiornare, rinviare e simili.
Il verbo in oggetto significa “prolungare nel tempo”, “continuare oltre il tempo stabilito”. È usato correttamente, quindi,
in frasi tipo “i termini di scadenza sono stati
prorogati
al 5
settembre” (prima
il termine fissato era il 28 agosto, per esempio).
Non è usato correttamente,
invece, in espressioni tipo “l’udienza è stata prorogata a data da destinarsi” (come si legge spesso sulla
stampa). In questi casi il verbo corretto
da
usare è “rinviare”,
“rimandare”, “aggiornare”. Voi, amici cari, cercate di non cadere in
questo... trabocchetto tollerato da
certi vocabolari.
*
E sempre a
proposito di verbi, alcuni vocabolari attestano "mancare"
intransitivo, altri transitivo e altri ancora "ambivalente", ovvero
transitivo e intransitivo. Da parte nostra seguiamo le indicazioni del
vocabolario Palazzi, che lo attesta esclusivamente intransitivo specificando
che «essendo intransitivo è errore usarlo col complemento oggetto; perciò non
dirai: mancare il colpo, ma fallirlo
; mancare lo scopo, ma non riuscire
allo scopo; mancare una promessa, ma venir
meno alla promessa, mancare alla
promessa; mancare una speranza, deluderla.
Sulla stessa linea il "Dizionario Grammaticale" di Vincenzo
Ceppellini.
***
La parola proposta da questo portale e
non "lemmata" in buona parte dei vocabolari dell'uso: acanino. Aggettivo, non schiettamente italiano,
che vale bello, dolce, caro, amato, soave e simili. È tratto dal siciliano
"acaninu" e questo dall'arabo "hanin" (caro).
***
Sempre per la serie "la lingua biforcuta della
stampa"
----------------------
Il verbo "vantare" è transitivo, regge, quindi, il
complemento oggetto: vantare qualcosa.
Nella forma riflessiva deve essere seguito da un infinito preceduto dalla
preposizione "di": si vantava
di...
(Nella pagina interna il titolo è stato opportunamente emendato)
(Nella pagina interna il titolo è stato opportunamente emendato)
Nessun commento:
Posta un commento