In lingua italiana – crediamo lo sappiano tutti – non è
possibile stabilire una regola generale per distinguere il genere “naturale” e
quello “grammaticale” dei sostantivi. Ciò è dimostrabile attraverso numerosi
esempi. Nel nostro idioma è infatti facile trovare sostantivi riferiti a maschi
ma che sotto il profilo grammaticale sono femminili: spia; guardia; guida;
sentinella. E viceversa, sostantivi grammaticalmente maschili riferiti a donne
come, per esempio, soprano e contralto. Le cose si ingarbugliano maggiormente
quando, passando dalle persone alle cose, ci imbattiamo in sostantivi che
secondo il genere “naturale” debbono essere neutri, mentre nella lingua di
Dante sono ora di genere maschile ora di genere femminile. Perché, per esempio,
la guerra è femminile mentre il conflitto è maschile? Ancora. Perché il
coraggio è maschile mentre il suo contrario, la paura, è femminile? Per quale
motivo l’arte è femminile e l’artificio è maschile? Una spiegazione per ciascuna
di queste stranezze ci sarebbe, anzi c’è, ed è di carattere prettamente
etimologico-grammaticale, non di certo naturale. Queste piccole noterelle per
mettere in evidenza – come accennato all’inizio – il fatto che non è possibile
stabilire dei criteri logici generalizzabili per la classificazione dei
sostantivi nel genere femminile o maschile. Solo un buon vocabolario può
venirci in aiuto.
***
Incurvare e incurvire. Il primo verbo, della prima
coniugazione, è transitivo e vale "rendere curvo": con una sola mano ha incurvato una sbarra di ferro. Il
secondo, della terza coniugazione, è intransitivo e significa, esclusivamente,
"diventare curvo": con il trascorrere degli anni l'uomo incurvisce sempre piú.
Incrudelire. Nei
tempi composti richiede l'ausiliare "avere" quando sta per
"agire con crudeltà": il bandito ha
incrudelito contro tutti gli ostaggi. Prende l'ausiliare "essere"
quando vale "diventare crudele": l'uomo, negli ultimi tempi, era sempre piú incrudelito.
Indòtto e indótto. Si presti attenzione ai due
termini in oggetto perché cambiano di significato a seconda dell'accento sulla
prima "o". Con l'accento grave (ò) è un aggettivo qualificativo e
significa "ignorante", "non colto", "non dotto": Giulio è proprio un uomo indòtto (ignorante). Con l'accento acuto (ó) è il participio
passato del verbo "indurre": la cattiva compagnia lo ha indótto a delinquere. Nella scrizione non tutti segnano l'accento perché non è
obbligatorio. Consigliamo di segnalarlo, invece, per evitare ambiguità.
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