Sí, cortesi amici, avete letto bene, non è un errore di battitura, proprio cosí: quella sorta di sacco pieno di lana (un tempo) o altro che ricopre tutta la superficie del letto e che serve per dormirci sopra ha questo nome “sconosciuto”. Nel linguaggio di tutti i giorni, invece, questo ‘aggeggio’ è più conosciuto come “materasso”. Ma anche quest’ultimo nome, in un certo senso, è sconosciuto: lo adoperiamo, infatti, senza conoscerne il significato recondito. Perché, insomma, questo “sacco” che tutti agogniamo la sera, tornando a casa, dopo una giornata particolarmente defatigante ha questo nome? Questo preambolo, gentili amici, per mostrare bene il fatto che molto spesso, per non dire sempre, adoperiamo delle parole di cui conosciamo il significato “per pratica” e il materasso o la materassa è una di queste parole. Vogliamo vedere, dunque, il significato “coperto” di materassa?
Il termine non è schiettamente italiano ma arabo, “matrah” (‘cuscino’), tratto dalla matrice “matraha” (‘gettare’) e propriamente vale “luogo su cui si getta, si stende qualcosa”, quindi “tappeto su cui sdraiarsi”. Questa voce, fa notare il Deli, “compare quasi contemporaneamente in Italia, in Francia, in Germania e in Inghilterra e tutto lascia credere che il punto di partenza, necessariamente meridionale, sia l’Italia, dove ‘matrah’, sotto l’influsso dei rappresentanti volgari di ‘plumacium’ è diventato ‘matracium=materasso’. E tutto fa supporre, inoltre, che questa romanizzazione sia stata introdotta nei vari paesi, più che attraverso i mercanti italiani, dai Crociati, i quali hanno applicato all’oggetto arabo il nome adattato alla lingua dei porti italiani”.
Sentiamo, in proposito, anche Ottorino Pianigiani. Si clicchi su http://www.etimo.it/?term=materasso&find=Cerca
domenica 7 aprile 2013
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