sabato 30 giugno 2012
C'è odore e... odore
L’odore, leggiamo dal vocabolario Treccani in rete, è «La sensazione specifica dell’organo dell’olfatto, diversa a seconda delle sostanze da cui è provocata: sentire un o., gli odori; non sento nessun o.; più in partic., indicando la qualità della sensazione: buon o.; cattivo o.; o. gradevole, sgradevole; un o. soave; o. grato, inebriante; un o. nauseabondo; o. forte, acre, acuto, penetrante; o specificando la cosa o la sostanza da cui la sensazione olfattiva proviene: l’o. dei fiori, delle rose, dell’erba; o. di violetta; o. d’incenso; o. d’arrosto, di bruciato; o. di chiuso, di muffa; o. d’ospedale, di farmacia; l’o. delle polveri bruciate; o. di pioggia, quello che emana da un terreno su cui è piovuto da poco; dare, mandare odore; non avere nessun o.; spandere, esalare, poet. spirare odore: Vivran que’ fiori, o Giovinezza, e intorno L’urna funerea spireranno odore (Foscolo). Con uso assol., è talvolta adoperato eufemisticamente per indicare il puzzo: che cos’è questo o.?; spec. al plur.: d’estate, nell’autobus molto affollato, si sentono certi odori!».
C’è odore e odore, quindi. E ogni odore ‘particolare’ ha un suo nome specifico. Chi ama il bel parlare e il bello scrivere deve adoperare, quindi, il termine appropriato. Vediamo, negli esempi che seguono, l’odore (generico) con quale vocabolo va sostituito (in parentesi il nome appropriato).
L’odore (profumo) delle rose è molto delicato; in primavera l’aria è densa di odori (effluvi) inebrianti; nella casa c’era un mucchio di sudiciume che emanava un odore (lezzo) insopportabile; l’aria delle zone paludose è piena di odori pestiferi (miasmi); in quella stalla c’era un odore (puzzo) che toglieva il respiro; l’odore (olezzo) dei fiori d’arancio dà una sensazione di svenimento; quando fu aperta la stanza, chiusa per anni, venne fuori un odore (tanfo) asfissiante; quel caffè ha veramente un odore (aroma) squisito; dai bagni pubblici emanava un odore (fetore) ammorbante.
Quando non conosciamo il nome specifico dell’odore possiamo ricorrere al dizionario dei sinonimi, che ci può aiutare nella scelta: http://parole.virgilio.it/parole/sinonimi_e_contrari/
In rete, comunque, si trovano altri dizionari dei sinonimi e dei contrari.
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Due parole, due, sulla “cravatta”, cioè su un complemento del vestiario maschile che sembrava scomparso con l’avvento dell’americanizzazione posbellica, ma tornato prepotentemente di moda anche tra i giovanissimi. La cravatta, dunque, ha mutuato il nome dai Croati; in origine, infatti, si chiamava “croata”. Il termine, però, è giunto a noi attraverso il francese “cravate” in quanto i Francesi presero questo capo d’abbigliamento quando Luigi XIV, il Re Sole, istituì un reggimento di cavalleria leggera formata di Croati. Questi soldati mercenari, noti anche in Italia – terra di conquista di tutti i popoli – avevano una divisa costituita di un dòlman rosso con alamari, un peloso colbacco e, caratteristica originale, una vistosissima striscia di lino bianco annodata attorno al collo. Questa sciccheria piacque moltissimo al sovrano francese tanto che volle che tutte le sue truppe fossero dotate di “croate”, divenuto in seguito, per corruzione popolare, “cravate”, donde la nostra ‘cravatta’. Oggi le persone che credono di parlar bene dicono ancora “corvatta”, a noi sembra puro snobismo. Da molto tempo, ormai, il termine è stato relegato nella “soffitta della lingua”. I gusti, però, sono gusti…
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