domenica 21 agosto 2011
Collezionare e collazionare
Si presti attenzione a questi due verbi perché molto spesso si confondono; hanno, invece, significati diversi. In comune hanno solo il fatto di essere verbi denominali, derivati, cioè da sostantivi (nomi). Il secondo, in particolare, dovrebbe essere noto agli operatori dell'informazione e a tutti coloro che lavorano in ambito editoriale. Vediamo, dunque, il significato dei due verbi secondo il vocabolario Gabrielli in rete:
collezionare
[col-le-zio-nà-re]
(collezióno)
v. tr.
Fare collezione, raccogliere in collezione: c. stampe antiche, francobolli
collazionare
[col-la-zio-nà-re]
(collazióno)
v. tr.
FILOL Confrontare un testo copiato o stampato con il suo originale, o più copie tra loro, per giungere alla lezione del testo originale: un libro collazionato sull'originale manoscritto
‖ EDIT Confrontare una bozza con un'altra o con l'originale per verificare l'esattezza del testo riprodotto
‖ ant. Confrontare
* * *
Dal quotidiano la Repubblica in rete:
1. marcoaugusto scrive:
20 agosto 2011 alle 09:46
“Altro lavoro che lo esaltava e non lo soddisfava perché…”
E’ quello che ho trovato su un quotidiano nazionale stamattina.Voi cosa pensate di quel “soddisfava”?
Grazie e complimenti.
2. linguista scrive:
20 agosto 2011 alle 11:10
La tradizione (da Machiavelli a Svevo) avrebbe ovviamente optato per “soddisfaceva”, e tuttavia “soddisfava”, nell’italiano corrente, è forma ormai molto diffusa. Dal mio versante posso solo consigliarle di evitarla, anche se temo che finirà per scalzare la concorrente.
Massimo Arcangeli
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Concordiamo con il linguista tranne che sul verbo finire seguito dalla preposizione “per” (temo che finirà per scalzare). In buona lingua i verbi “cominciare” e “finire” seguiti da un infinito si costruiscono con la preposizione “con”. Quindi: “… temo che finirà con lo scalzare…”.
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37 commenti:
Gentile dott. Raso,
ha proprio deciso di attirarsi gli "strali linguistici" del capo dei... linguisti di Repubblica?
Ha ragione da vendere, comunque.
Grazie per la sua preziosissima opera.
Con viva stima
Caro Dr. Raso
Come dice Il puntiglioso la sua opera è davvero encomiabile. I linguisti che dovrebbero emendare o per lo meno indirizzare verso costruzioni corrette a volte fallano. La costruzione del verbo finire con un verbo di modo infinito va sempre con la preposizione “con” e mai “per” che è maniera francese. Altro spunto interessante, a mio modo di vedere, è il verbo soddisfare che è usato sia come intransitivo (prosa eletta) che transitivo (parlare comune) ma che hanno una leggera distinzione di significato: il primo vale come “fare compiutamente”, “adempiere”, “compiere”, “soddisfare agli obblighi di leva”; il secondo è oggi usato quasi costantemente col significato di “contentare”, “appagare”, “esaudire” ecc.
Cordialmente
Ivana Palomba
Ringrazio di cuore il puntiglioso e la gentile Ivana Palomba per il suo alto contributo.
dal Devoto-Oli:
FINIRE: giungere a una determinata decisione o a un certo risultato, spec. per esprimere il probabile o immancabile avverarsi di un'eventualità (con le preposizioni con, per e l'inf.): finiremo col rimetterci; l'assassino finì per confessare; anche impers.: finirà per (o col) nevicare.
A questo punto mi (e vi) chiedo: a chi prestare orecchio? Al sig. Raso o al Prof. Luca Serianni, curatore del Devoto-Oli e ordinario di Storia della lingua italiana all'Università La Sapienza?
Cortese "anonimo",
segua il Devoto-Oli (e Luca Serianni). Io resto della mia idea: in buona lingua italiana i verbi finire e cominciare seguiti da un infinito si costruiscono con la preposizione "con".
La costruzione con "per" è un francesismo.
Cortese "anonimo",
il vocabolario "Treccani" sembra essere dalla mia parte:
d. Giungere al termine di qualche cosa: f. gli studî, un viaggio, la ferma; f. il periodo di lutto; f. gli anni, compiere un altro anno di vita (analogam., f. i diciott’anni, i sessant’anni, ecc.); f. i proprî giorni, morire (scherz., anche di arnese o altro oggetto divenuto inservibile). Con di e l’infinito: f. di leggere un libro (o la lettura di un libro, o semplicem. f. il libro); f. di fare colazione, di scontare una pena; finire di soffrire, di penare, morire dopo lunghe sofferenze (o anche solo morire, quando si consideri la vita come un seguito di sofferenze). Spesso usato assol.: ancora poche parole e ho finito (sottint. di parlare, il discorso o sim.); appena hai finito (sottint. ciò che stai facendo), passa da me; e a persona che stia parlando da un pezzo, spec. se dice cose spiacevoli o noiose: hai finito?
Uso assol. si ha anche nella costruzione finire con ...: finì col cedere; finiremo col rimetterci; finirai con lo stancarmi; ha finito col rovinare ogni cosa (frasi equivalenti a: alla fine cedette; alla fine ci rimetteremo, ecc.); meno bene, ma frequente nell’uso, finire per: ha finito per confessare ogni cosa.
Caro Sig. Raso,
a me pare che questa costruzione abbia raggiunto, in questo annus Domini 2011, un livello di diffusione tale che mi pare un'assurda pedanteria prescriverla. I francesismi sono in così larga copia nella lingua italiana che bisognerebbe, se stessimo a lei e a qualcun altro frequentatore del suo blog (per fortuna pochi), abolire forse addirittura un quarto del lessico italiano, oltre che un gran numero di costruzioni sintattiche o persino di elementi morfologici con cui vengono formate molte parole del nostro lessico. Tutto qua.
Carissimo "anonimo",
vorrei sapere come fa a sotenere che i frequentatori di questo sito sono pochi. Ha la sfera di cristallo?
Sorvolo sulla correttezza di "in questo annus Domini"...
Gentile Dottor Raso,
"...in questo ANNUS Domini...": Lei preferisce sorvolare; io - con il Suo permesso - vorrei chiarire che "annus" è nominativo, ma in questo caso è d'obbligo l'uso dell'ablativo "anno".
Aggiungo che la forma "qualcun altro frequentatore" non è corretta: "qualche altro frequentatore" è sicuramente da preferire.
Con stima
Cortese In.Somma,
la sua ultima osservazione è giustissima. L' "orrore" mi era sfuggito. Grazie
"In questo annus domini" è correttissimo (ma in fondo lo sapete pure voi: è che a qualcosa bisognerà pure appigliarsi).
Per quanto riguarda "qualcun altro frequentatore", vediamo se vi aiuta ad arrivarci questo:
qualcun altro "determinato"
frequentatore "determinante"
Con questo vorrei chiudere. Non ho tempo da perdere, soprattutto con un signore (e i suoi alter ego) che, senza arte né parte (non uno stralcio di dottorato in linguistica, tanto meno anche una sola pubblicazione in una rivista scientifica), gioca a fare il maestrino su Internet. Il mio unico cruccio è che qualche sprovveduto si imbatta per caso in questo blog e prenda per oro colato le tante castronerie che vengono scritte.
Carissimo "ANONIMO CORAGGIOSO",
DEVE SOLO VERGOGNARSI. Sono io che chiudo con lei e con i suoi eventuali accoliti.
Prima, però, le dò (sì,con tanto di accento)un consiglio: RIPASSI L'ANALISI LOGICA.
Cortese dott.Raso,
le chiedo scusa io per l'"anonimo coraggioso". Le sue "castronerie" hanno aiutato, MOLTISSIMO, i miei figlioli nei loro studi. Quest'anonimo non è degno di appartenere alla categoria degli uomini per bene: quando non sa cosa dire... OFFENDE.
Con rinnovata stima
Dimenticavo: ho la sensazione che questo "anonimo" sia uno dei "linguisti" del noto quotidiano romano...
Quindi dovrei ripassare l'analisi logica... io credo che invece lei dovrebbe studiarsela. E leggersi anche un buon manuale di linguistica per principianti. E mi creda, non lo dico per offendere.
Evidentemente non ha capito l'analisi che le ho fatto; è un peccato che non sia possibile disegnare qui un indicatore sintagmatico: le potrei illustrare brevemente e più efficacemente la differenza tra "qualche altro frequentatore" (determinante + determinato) e "qualcun altro frequentatore" (determinato + determinante).
Per Anonimo
Preciso innanzitutto che noi consideriamo questo spazio un luogo di incontro, di confronto e - soprattutto - di EDUCATO, PACIFICO scambio di opinioni in merito a questioni linguistiche.
Non credo, poi, che sia necessario poter disegnare un indicatore sintagmatico per spiegare un po' di analisi logica spicciola.
Vogliamo dimostrarlo prendendo spunto proprio dal suo "in questo ANNUS Domini"?
"In questo ANNUS" è un complemento di tempo con attributo ("questo", che sarebbe stato preferibile evitare), "Domini" è complemento di specificazione.
"Annus" è nominativo e il nominativo non può essere utilizzato per un complemento.
Nel nostro caso abbiamo un complemento di tempo determinato, il quale richiede l'ablativo "anno".
" ... nell'anno" - eliminerei 'questo', che considero superfluo - è l'elemento DETERMINATO da "Domini", che è DETERMINANTE: determinato + determinante, dunque.
Fin qui ci siamo, "signor Anonimo"?
Fine prima parte.
E io invece "questo" non lo voglio togliere. Quindi non posso scrivere "in questo anno domini" e devo invece, obbligatoriamente, optare per "in questo annus domini".
Forse che lei ha il monopolio sulla lingua? Il suo è, tecnicamente, un atteggiamento fascista.
E poi, che c'entra la questione del determinato/determinante? In "annus domini" il primo non è determinato e il secondo determinante ugualmente?
Per Anonimo (Seconda - e speriamo per tutti - ultima parte)
Sarebbe interessante capire come "qualcun" (che "si avvicina ad aggettivo in costrutti come ", secondo il Devoto Oli) e "qualche" (aggettivo indefinito) possano sovvertire l'ordine dei due elementi (determinato e determinante).
Elenco le diverse possibilità (corrette) disponibili per esprimere il concetto che stiamo analizzando:
- qualche altro frequentatore di questo blog;
- qualcun altro tra i/dei frequentatori di questo blog;
- qualcun altro, frequentatore di questo blog, ....
Osservi, "signor Anonimo": nell'ultimo esempio (simile alla Sua formulazione) ho usato la virgola dopo "altro" e dopo "blog", affinché "frequentatore di questo blog" diventi un inciso. Essa resta, comunque, la più infelice (seppur corretta) delle forme possibili.
Del DOTTOR Raso, moderatore di questo blog, conosciamo i titoli di studio, l'onesta perserveranza e l'innegabile trasparenza con cui da anni affronta temi linguistici.
Per quanto riguarda me non sono tenuto a render conto a un "Anonimo" della mia preparazione: sono sicuro che le spiegazioni offerte in questi due interventi la definiscano chiaramente e inequivocabilmente.
Ringrazio il Dottor Raso per la paziente ospitalità.
Checché ne dica lei, "qualcun altro frequentatore" può essere analizzato come "determinato + determinante".
Sono contento che abbia parlato di titoli, perché sono proprio quelli a mancare alle persone frequentatrici del suo blog (faccia attenzione a quest’ultimo segmento: capisce quello di cui parlavo prima ora? Suvvia, sono sicuro che ci può arrivare).
Per Anonimo - terza parte (purtroppo)
Precisiamo che di "titoli" ha parlato Lei ("lei",se usato come appellativo di riguardo si scrive con l'iniziale maiuscola): non conosco e non desidero conoscere i Suoi (con l'iniziale maiuscola!) "titoli" oppure le Sue eventuali pubblicazioni, come non desidero comunicarLe informazioni che mi riguardino a tale proposito.
Precisiamo che "determinato" e "determinante" sono termini tirati fuori dal Suo cappello da prestigiatore: io non ho fatto altro che applicarli alle situazioni specifiche che abbiamo analizzato.
Se chiunque esprima il proprio punto di vista deve essere considerato "fascista" si lasci dire che Lei ha un concetto distorto del fascismo.
Resto della mia opinione riguardo a quanto ho esposto.
"FORSE CHE lei ha il....": l'espressione scritta in maiuscolo è accettata nel linguaggio informale, ma incorretta in quello formale.
"Domini" si scrive con l'iniziale maiuscola.
"Capisce quello di cui parlavo PRIMA ORA?": ne parlava PRIMA oppure ORA?
Per concludere: di "anni Domini 2011" non ce ne saranno altri. Per questa ragione SUGGERIVO (non imponevo) di evitare l'aggettivo dimostrativo.
Desidererei chiudere qui la discussione, onde evitare di annoiare ulteriormente i lettori.
Grazie.
Si tenga le sue lezioni di stile per sé e i suoi quattro ascoltatori o lettori (dubito ne abbia di più, qui o nella sua vita quotidiana): avrò molto da imparare, ma di certo non da lei.
Inutile stare a spiegarle che quando scrivo su blog di tal fatta non mi soffermo a rispettare tutte le regole di buona scrittura, che riservo a contesti ben diversi(avrà forse sentito parlare di variazione diafasica).
Il fatto è che quando ci si erge a esperti in una data materia, bisogna avere i titoli per farlo: un pezzo di carta che attesti le proprie competenze. Lei, ci giurerei, non he ha neppure uno. Se per fare il medico è necessario avere (almeno) una laurea in medicina e una specializzazione; per fare l'avvocato una laurea in giurisprudenza, passare l'esame di stato e fare un certo numero di anni di praticantato; allora, per fare il linguista, bisogna aver conseguito almeno un dottorato e aver fatto attività di ricerca in questo campo.
Si cerchi un altro svago senile, sig. Raso o puntiglioso o in.somma che si voglia far chiamare.
E poi,
ho parlato di "determinato" e "determinante" (di certo non usciti dal mio cappello) per farle capire la mia analisi, che, ripeto per la centesima volta, è correttissima.
"Forse che" è del linguaggio informale: mi scusi, perché in questo blog dovrei usarne uno formale?
Va bene, tolgo "questo": posso (e in questo caso devo) sempre scrivere "nell'annus domini (pardon, Domini)" come alternativa di "anno domini (pardon, Domini)".
"Capisce quello di cui parlavo PRIMA ORA?", cioè "capisce ora quello di cui parlavo prima?" (o devo mettere l'avverbio "ora" dove garba a lei? E non mi dica che avrei dovuto mettere la virgola, nel primo caso (ma sono sicuro che lo dirà): davvero toccheremmo il fondo.
Invito cortesemente In.Somma a non replicare a questo signore (che dice che per fare il medico occorre una specializzazione, quando basta la laurea e l'esame di stato). Bisogna lasciarlo cuocere nella sua più squallida presunzione.
Ripeto, In.Somma, è un invito, ma lei può fare quello che desidera. Se vorrà dialogare ancora con questo tristo figuro e libera di farlo, certo non la casserò.
Per l' "Anonimo sempre più coraggioso", nel caso dovesse leggermi.
Dopo "tristo figuro", mi è rimasto sulla tastiera l'accento della "e" (è). Sì,ho imparato da poco che la III persona singolare del presente indicativo del verbo essere, coniugazione propria, si scrive con l'accento.
E va bene, basterà anche solo la laurea e l'esame di stato, però non cambia la sostanza di quello che ho detto.
La persona presuntuosa, qui, è solo una: lei, Sig. Raso (e scusi se non la chiamo Dottore, ma sono avvezzo, avendo studiato negli Stati Uniti, a usare il titolo di Dr solo in riferimento a chi ha conseguito un PhD). Veste infatti l'abito di una professione che non è la sua.
E poi, mi chiedo, ma se il puntiglioso e in.somma non sono i suoi alter ego, chi diamine sono? I suoi avvocati? A leggere anche gli altri interventi non c'è stata una volta in cui abbiano mosso una sola, minima critica (se non quando è servita per darle modo, a suo pro, di fare precisazioni e aggiunte).
In effetti, mi chiedevo pure chi mai li avesse tirati in ballo e perché rispondano per il signor Raso.
E con ciò la voglio davvero concludere. Non che volessi farle venire la bava alla bocca, mi creda. E' che in certe occasioni bisogna dire pane al pane e vino al vino.
Non mi appiglio di certo a cose del genere: è lapalissiano che sia andata così.
Naturalmente non intendo raccogliere le provocazioni - talune persino infantili e divertenti (lo confesso) - di Anonimo, gentile Dottor Raso.
Ritengo tuttavia doverosa una precisazione: il Dottor Raso e io NON SIAMO la stessa persona e un linguista esperto (quale Lei, signor Anonimo, si considera) dovrebbe capirlo.
Io non rispondo PER il Dottor Raso, il quale non ha certamente bisogno di ricorrere all'aiuto di altri per avvalorare le proprie conoscenze e opinioni.
Io rispondo per esprimere le MIE opinioni, in piena autonomia e totale libertà di pensiero, come ritengo sia diritto di ognuno.
Non è nostro diritto, invece, intervenire in uno spazio pubblico soltanto per mancare di rispetto.
Buona domenica
Provocazioni infantili? Ma che cosa dice? Io ho solo detto che il sig. Raso non ha alcuna patente di "esperto di lingua italiana" (patente che io non mi sono affatto autoconferito). E' forse una falsità?
L'essere linguisti o meno non dipende dallo sentirsi tali: non ci si sveglia la mattina e si dice "Da oggi voglio fare il linguista". Bisogna essersi fatti il mazzo per anni tra dottorato, ricerca, concorsi, periodi all'estero, convegni, insegnamento universitario, articoli, saggi, volumi. Cose che io non ho fatto e, non interessandomi la ricerca (ebbene, sono uno studente universitario di linguistica il cui nome non le direbbe nulla), non farò mai.
E con questo, visto che giura di non essere l'alter ego del sig. Raso, saluto pure lei.
Caro il mio Anonimo,
anch'io, come In.Somma, "parlo per me".
Dice di essere uno studente universitario di linguistica (esiste una "facoltà" di linguistica?), se è così dovrebbe solo apprendere e dialogare, non sentenziare (non avendo alcun titolo, al contrario del dott. Raso. Legga il suo profilo su questo sito).
L'Anonimo, che si definisce "studente di linguistica,scrive: "L'essere linguisti o meno...". Dunque si può essere linguisti e "meno linguisti". Invito lo "studente" a... studiare l'uso corretto di "meno".
La informo che esistono i corsi di laurea di linguistica.
Esatto, l'essere linguisti (Serianni, De Mauro, ecc.) o meno, cioè solo un po' (ad esempio Raso lo è un pochino ino ino).
Ho letto inoltre il profilo del sig. Raso, ma, mi scusi, non ho trovato nulla che certifichi le sue competenze in materia.
Ribadisco, signor Anonimo, che i Suoi interventi mi divertono, ma - onde evitare di approfittare in modo inopportuno dell'ospitalità del Dottor Raso - Le propongo di unire l'utile al dilettevole.
Lei afferma di essere uno studente.
Bene, allora si lasci servire alcuni spunti per correggere soltanto una parte dei suoi errori:
- "...DALLO sentirsi tali...": le sembra corretto quel "dallo", oppure in questo caso avrebbe dovuto scrivere "dal"?
- "PASSARE l'esame di stato ...": suvvia! Soltanto i bambini dei primi anni della scuola primaria usano "passare" con questa accezione! "Superare": non trova che "superare" sia migliore?
- " ... o in.somma CHE si voglia far chiamare": quale complemento è il pronome relativo "che" in questo caso?
- potrebbe spiegarmi bene l'uso di "o meno" evitando l'infantile "pochino ino ino"?
Grazie.
La ringrazio, faccio mie le sue osservazioni: la prossima volta non sbaglierò (spero).
Le volevo però chiedere un parere, diciamo, extralinguistico: se sia legittimo che una persona senza titoli (intendo un dottorato, pubblicazioni, una cattedra universitaria), si faccia passare per esperto in una certa materia.
(invece credo che i miei interventi, sig. Raso/puntiglioso/in.somma, la facciano imbufalire)
Sia gentile, signor Anonimo: smetta di ripetere che il Dottor Raso, il puntiglioso e io siamo un'unica persona.
Non è così, mi creda.
Penso che ora sia veramente opportuno concludere la nostra conversazione sicuramente animata, a tratti polemica, ma non tale da farmi 'imbufalire'.
La ringrazio
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