martedì 17 maggio 2011

«Studiare nel buezio»



La gioia di Giovanni per aver trovato un probabile impiego sparí di colpo non appena ebbe varcato la soglia dell'ufficio dove era stato convocato: «Mi dispiace immensamente - tagliò corto il funzionario - ma visti gli esiti dei suoi elaborati non possiamo assolutamente assumerlo; lei, caro amico, non ha né arte nè parte e ha studiato nel buezio».
Il giovane restò - come suol dirsi - di sasso; non riusciva a capire le parole del dirigente e quel "buezio" gli rimbombava negli orecchi; poi si fece coraggio e timidamente mormorò: «Sono ragioniere, ho studiato presso l'Istituto tecnico commerciale "Dante Alighieri"; mi perdoni, il buezio cos'è e cosa c'entra?». «Lasciamo stare, non ho tempo - rispose il suo interlocutore - la sua prova è andata male, provi presso qualche altra Azienda. Tanti auguri!»
«Restare di sasso» - lo sappiamo benissimo - significa rimanere sbalordito, stupito oltre che sorpreso nel vedere o nel venire a conoscenza di qualcosa (per lo piú spiacevole) e non sapere o poter reagire. Per la spiegazione di questo modo di dire occorre prenderne in considerazione altri due, di cui uno li spiega tutti perché sono "concatenati" tra loro: «Restare di sale» e «Restare come la moglie di Lot» (quest'ultimo, per la verità, è poco adoperato e, di conseguenza, non molto conosciuto). Il sale, dunque, non è un... "sasso"? La «moglie di Lot» li spiega tutti. Quest'espressione è tratta dalla Genesi: «Allora il Signore fece piovere sopra Sodoma e Gomorra zolfo e fuoco (...) e distrusse quelle città e tutta la pianura (...). Ora la moglie di Lot si voltò indietro a guardare e diventò una statua di sale (XIX, 24-26)». La locuzione «non avere né arte né parte», che significa "non avere nessuna capacità professionale e quindi essere inadatto a qualsiasi attività" fa riferimento - con molta probabilità - alle arti e alle corporazioni medievali di cui una persona faceva parte a seconda del'attività che svolgeva. Le corporazioni, poi, entravano nelle varie divisioni politiche: "parti". In proposito come non ricordare il detto «chi ha arte ha parte»? E veniamo alla «scuola di buezio». Diciamo subito, qualora ce ne fosse bisogno, che non è una "scuola" nell'accezione propria della parola, ma un modo di dire, per l'appunto, che si adopera quando si vuole mettere in particolare evidenza la scarsissima preparazione culturale di una persona o quando non si conosca con precisione il tipo di scuola che quella determinata persona ha frequentato: la sua cultura, per tanto, è un po' raccogliticcia dimostrando di non essere una "cima" di sapienza. Questo modo di dire è un gioco di parole tra il "bue" e il filosofo latino Boezio. Il bue, infatti, viene preso come simbolo della mansuetudine in quanto a ottusità, mente il filosofo Boezio viene preso in considerazione perché le sue opere furono usate come "testi di studio" in tutto il Medio Evo. Con questo gioco di parole, "buezio", si intende, quindi, mettere in risalto anche l' "ottusità" di una persona. È una locuzione molto antica, per la verità, e poco conosciuta anche se ancor oggi si sente ripetere in alcune zone del nostro Paese.

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