lunedì 24 agosto 2020

Sgroi - 73 - Il 'Covid' tra logicismo ed etimologismo


di Salvatore Claudio Sgroi


1. Venanzoni 2020: il punto di vista del giurista
Il problema della pandemia coronavirale per i suoi risvolti lessicali nei testi ufficiali del governo e dei ministeri non poteva non attirare anche l'attenzione dei giuristi. Così Andrea Venanzoni (2020), dottorando di ricerca in Diritto costituzionale Università degli Studi di Roma Tre, si è occupato de La lingua dell’emergenza: le criticità linguistiche negli atti normativi finalizzati al contrasto al SARS CoV-2, in "Federalismi.it" del 20 maggio 2020, opportunamente richiamato nell'editoriale di Ilaria Bonomi e Mario Piotti, Emergenza sanitaria, media e lingua: qualche riflessione, apparso nella rivista on line "Lingue e Culture dei Media" v. 4, n.1, 2020.
 Qui Venanzoni si è dichiarato assiomaticamente a favore della distinzione, proposta dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), tra 'virus' e 'malattia' da lessicalizzare rispettivamente con "SARS CoV- 2 vs COVID-19".

1.1. Esemplificazione di usi "corretti" ed "erronei", ma senza conseguenze giuridiche
Venanzoni parla così, con qualche ridondanza lessicale (virus), di "emergenza importata dal deflagrare del virus SARS CoV-2" (p. 3). Ricorda che il "Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM) del 1 marzo 2020 si riferiva "correttamente" al "«virus SARS COV-2029-2020»" (p. 4). Che "Nella 'ordinanza del Ministero della Salute' del 21 febbraio 2020 si parla di «applicare la misura della quarantena con sorveglianza attiva, per giorni quattordici, agli individui che abbiano avuto contatti stretti con casi confermati di malattia infettiva diffusiva COVID-19»" (p. 10 n. 32).
Lo stesso Venanzoni non esita peraltro a fare ammenda con un outing semantico di un suo uso errato in un precedente contributo: "Anche chi scrive è incorso nel medesimo abbaglio in un precedente scritto"; "il presente scritto valga quindi come ravvedimento operoso in termini semantici" (p. 4 n. 13).
E passa quindi a segnalare "marchiani errori" (p. 4), usi semantici impropri in 4 testi ufficiali del governo:
(i) DPCM 23 febbraio 2020, nell'art. 1 riporta "l'erroneo inciso, 'lo scopo di contrastare e contenere il diffondersi del virus COVID-19' ".
Da qui il commento: "Come noto, il COVID-19 non è un virus bensì la malattia derivante dal nuovo coronavirus, rilevata e istituzionalizzata dall'OMS l'11 febbraio 2020.
Virus è al contrario la SARS Co-V2" (p. 4).
E non diversamente, sottolinea Venanzoni, (ii) il DPCM 4 marzo 2020; -- (iii) quello dell'8 marzo 2020 e -- (iv) quello del 9 marzo 2020 "parlano di scopo di contrasto al virus COVID-19".
Che tale uso erroneo abbia però potuto aprire "una falla nella interpretazione concreta" (p. 9)  con conseguenze negative da parte di chi è "preposto al far rispettare le previsioni normative" (ibid.) dalle "autorità competenti" (ibid.) come invece in altri casi analizzati dall'A., non è però nel caso specifico dimostrato dall'A. La polisemia si rivela quindi del tutto innocua e comunicativamente economica.

1.2. Oscillazioni morfologiche: la/il SARS Co-V2
En passant osserviamo ancora nel testo di Venanzoni una oscillazione morfologica, a-semantica, sembrerebbe inconscia, del caso sopra citato: "Virus è al contrario la SARS Co-V2" (p. 4), mentre nel titolo dell'art. appare il masch. "il SARS Co-V2".
Il che può  arricchire la esemplificazione al riguardo da noi indicata in Il Covid o la Covid? Ma è un problema?

 2. Opposizione concettuale e lessicale: "malattia" vs "virus"
Un amico, storico della lingua, commentando in una e-mail il mio Dal Coronavirus al Covid-19 (Ediz. dell'Orso) e il su ricordato Il Covid o la Covid? Ma è un problema?, si è così espresso in maniera logicistica, giudicando l'uso polisemico di Covid(-19) suggerito dall'economia linguistica solo come "confusione":
"Delle tue osservazioni, in parte già comuni al mio abbozzo, quella che condivido meno è la sottovalutazione della confusione tra malattia e virus: con documentazioni ufficiali (oltre al Cornaglia che citi anche tu) avevo mostrato come anche nei ministeri si credesse che Covid fosse il virus (ma questo è intollerabile, checché tu ne dica, perché la lingua scientifica deve essere univoca: Sciascia o il commissario Montalbano possono ben scrivere fascinoso e *fascinico, da uno scienziato pretendo la distinzione tra solforoso e solforico). Giuste le tue distinzioni sui composti con Sars-Cov-2".
E in una successiva e-mail:
"Continuo a non accettare la confusione tra Disease e virus, come non accetterei la confusione tra… piedi e scarpe [...]. Gli scrittori ludici scrivano quello che vogliono, io da un medico o da un divulgatore scientifico o da un politico che legifera per tenermi in casa voglio sapere se sono ammalato o se ho solo il virus".

2.1. La giustificazione del masch. con l'etimologia
Quanto al maschile il covid, "I problemi, continuava lo stesso storico della lingua, si risolverebbero se Disease si traducesse “Morbo” come credo sia accaduto per il colera. Ma questa diventerebbe glottotecnica che lascio volentieri ai cruscanti [...]".
Alla fine, in una seconda e-mail ha (pertinentemente) sottolineato che "il genere grammaticale è secondario".
En passant, osserviamo che nell'istruttivo volumetto dell'Accademia della CRUSCA che ristampa I Temi del mese (2017-2010), a cura di C. Marazzini, Firenze 2020, appare il femminile: "nella battaglia contro la Covid-19" (p. 159).

3. Un 'clericale', accademico d.o.c., cruscante e storico della lingua con nostalgie etimologiche e logicistiche
In un intervento della rubrica "Parole al sole" intitolato Parole facili. La fiducia riparte da qui, sul “Quotidiano di Puglia” del 2 agosto, che riflette un punto di vista che definirei di un 'clericale', accademico d.o.c., cruscante e storico della lingua con nostalgie etimologiche e logicistiche, Rosario Coluccia si è soffermato sulle parole della pandemia.

3.1. Gli anglicismi (inutili) e le "oneste parole" italiane
Da buon neo-purista, l'A. non ha saputo trattenersi dal denunciare i "Troppi anglicismi, spesso fuorvianti e anche inutili, visto che la nostra lingua possiede parole comprensibili e perfettamente funzionali".
Se l'è quindi presa con l'affermatissimo lockdown giudicato "forestierismo inutile", "prestit[o] inutil[e] " a favore di Confinamento (con il contrario deconfinamento) sulla scia del fr. confinement e déconfinement, definiti moralisticamente "oneste parole" (!).

3.2. Il genere: cosa scegliere e con quali criteri?
A proposito poi della oscillazione di genere il/la Covid, Coluccia si è mostrato indeciso su quale forma indicare, ovvero sui criteri da seguire per definire una norma.
Da un lato (i) non ha potuto non rilevare l'uso (masch.) della maggioranza: "È prevalente nella rete «il covid-19» (accordato al maschile) rispetto a «la covid-19»".
Dall'altro però ha invocato (ii.a) l'autorità del Presidente della Crusca, Claudio Marazzini, e il suo criterio che avevamo definito storico-etimologico nel cit. Il Covid o la Covid? Ma è un problema? -- secondo Coluccia "buoni argomenti" -- per usare il femminile.
Ma, ridondantemente per uno storico della lingua, ha invocato (ii.b) l'autorità di un virologo 'televisivus': Fabrizio Pregliasco, che "spiega così la sua preferenza per il femminile: significa ‘malattia da coronavirus’, dove“Co” sta per corona, “vi” per virus, “d” per disease, ovvero‘malattia’, e “19” indica l’anno in cui si è manifestata per la prima volta. Insomma, decisamente, “la Covid-19” (con allusione a malattia, pandemia)".
Alla fine, però, sembra che in Coluccia sia prevalso (iii) il criterio del comportamento dei parlanti: "Vedremo cosa prevarrà, i parlanti non sono etimologi né linguisti, le scelte sono influenzate dai fattori più diversi".

3.3. E le ragioni strutturali (sincroniche) del maschile?
Quanto all'attuale prevalenza del masch., Coluccia non ha indagato tuttavia sulle motivazioni strettamente sincroniche, ovvero sulla struttura fonologica delle parole terminanti in consonante, che sono per l'85,3% di genere maschile.

3.4. E una norma variabile?
E soprattutto, Coluccia non si è posto il problema di una norma variabile (qui) al masch. (dominante) e al femm. (minoritaria): usi entrambi normativamente corretti, perché adottati da utenti colti o mediamente colti.

4. Còvid, covìd, o còviddi?
Infine, quanto alla pronuncia del nostro lessema Covid (etimologicamente sigla angloamericana "Co.Vi.D."), se la pronuncia piana /'kovid/ è decisamente la più comune in sintonia con la "Regola-1" della pronuncia prevalentemente piana delle parole italiane, e in sintonia con la "Regola-2" etimologica dell'anglo-americano, invece la pronuncia tronca /ko'vid decisamente minoritaria, sembrerebbe richiamare una pronuncia francese.
Ma va ancora segnalata una pronuncia italiana, regional-popolare, come quella sdrucciola colta in bocca a una palermitana che intervistata sulla spiaggia di Mondello perché priva di mascherina, non esitava a dire che "a Palermo, NON CE N'È CÒVIDDI", ovvero con trasformazione del lessema da bisillabo piano in consonante /'kovid/ a trisillabo sdrucciolo terminante in vocale (epitesi) con contemporaneo raddoppiamento della consonante finale etimologica /'kò.vi.ddi/, condizionato dalla struttura fonologica dei lessemi dialettali siciliani terminanti in vocale (cfr. sex /sεks/> /'sεksi/, /'sεkkisi/; ticket /'tiket/ > /'tiketti/, o anche /'tikke/, ecc.).

4.1. La diffusione di còviddi
La varante sdrucciola trisillabica còviddi sembra peraltro avere non poca fortuna diffondendosi nei social:

(i) A Pag in Croazia, la ragazza italiana al Tg1: «Non c’è più ‘Coviddi’, ce ne rendiamo conto», ed è polemica" in CorriereTV 15 agosto.

 (ii) Post di Enrico Mentana: "Non ce n'è di Còviddi? A Padova una bambina è in terapia intensiva, positiva al coronavirus (17 agosto 2020).

5. La diffusione di corona-vìrussi
Accanto, infine, alla pronuncia regional-popolare còviddi, è emersa una pronuncia ancora più marcatamente popolare del sinonimo coronavirus in bocca a una siciliana, ovvero corona-vìrussi,  con analoga epitesi (o paragoge) della vocale /-i/ sì da avere un lessema terminante in vocale:

"Per me il corona vìrussi non è vero. È una cosa politica, di guerra [...]".
(VIDEO 2020-08-18-14-31.20 mp4)


Sommario
1. Venanzoni 2020: il punto di vista del giurista
1.1. Esemplificazione di usi "corretti" ed "erronei", ma senza conseguenze giuridiche
1.2. Oscillazioni morfologiche: la/il SARS Co-V2
2. Opposizione concettuale e lessicale "malattia" vs "virus"
2.1. La giustificazione del masch. con l'etimologia
3. Un 'clericale', accademico d.o.c., cruscante e storico della lingua con nostalgie etimologiche e logicistiche.
3.1. Gli anglicismi (inutili) e le "oneste parole" italiane
3.2. Il genere: cosa scegliere e con quali criteri?
3.3. E le ragioni strutturali (sincroniche) del maschile?
3.4. E una norma variabile?
4. Còvid, covìd, o còviddi?
4.1. La diffusione di còviddi
5. La diffusione di corona-vìrussi




















Una recensione al libro del prof. Sgroi, a cura di Alfio Lanaia, pubblicata sul sito della Treccani


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