di Salvatore Claudio Sgroi
1. Venanzoni 2020: il punto di vista del giurista
Il problema della pandemia coronavirale per i suoi risvolti lessicali
nei testi ufficiali del governo e dei ministeri non poteva non attirare anche
l'attenzione dei giuristi. Così Andrea Venanzoni (2020), dottorando di ricerca in Diritto costituzionale
Università degli Studi di Roma Tre, si è occupato de La lingua dell’emergenza: le criticità
linguistiche negli atti normativi finalizzati al contrasto al SARS CoV-2,
in "Federalismi.it" del 20 maggio 2020, opportunamente richiamato
nell'editoriale di Ilaria Bonomi e Mario Piotti, Emergenza sanitaria, media e lingua: qualche riflessione, apparso nella
rivista on line "Lingue e
Culture dei Media" v. 4, n.1, 2020.
Qui Venanzoni si è dichiarato assiomaticamente
a favore della distinzione,
proposta dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), tra 'virus' e 'malattia'
da lessicalizzare rispettivamente con "SARS CoV- 2 vs
COVID-19".
1.1. Esemplificazione di usi
"corretti" ed "erronei", ma senza conseguenze giuridiche
Venanzoni
parla così, con qualche ridondanza lessicale (virus), di "emergenza importata dal deflagrare
del virus SARS CoV-2" (p. 3). Ricorda che il "Decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM) del 1 marzo 2020 si riferiva
"correttamente" al "«virus SARS
COV-2029-2020»" (p. 4). Che "Nella 'ordinanza del Ministero della Salute' del 21
febbraio 2020 si parla di «applicare la misura della quarantena con
sorveglianza attiva, per giorni quattordici, agli individui che abbiano avuto
contatti stretti con casi confermati di malattia infettiva diffusiva COVID-19»" (p. 10 n. 32).
Lo stesso Venanzoni non esita
peraltro a fare ammenda con un outing semantico di un suo uso errato in un
precedente contributo: "Anche chi scrive è incorso nel medesimo abbaglio
in un precedente scritto"; "il presente scritto valga quindi come ravvedimento
operoso in termini semantici" (p. 4 n. 13).
E passa
quindi a segnalare "marchiani errori" (p. 4), usi semantici impropri
in 4 testi ufficiali del governo:
(i) DPCM 23 febbraio 2020, nell'art. 1 riporta
"l'erroneo inciso, 'lo scopo di
contrastare e contenere il diffondersi del virus COVID-19' ".
Da qui il commento: "Come
noto, il COVID-19 non è un virus bensì la malattia derivante dal
nuovo coronavirus, rilevata e istituzionalizzata dall'OMS l'11 febbraio 2020.
Virus è al contrario la SARS Co-V2" (p. 4).
E non
diversamente, sottolinea Venanzoni, (ii) il DPCM 4 marzo 2020; -- (iii) quello dell'8 marzo 2020 e -- (iv)
quello del 9 marzo 2020 "parlano di scopo di contrasto al virus
COVID-19".
Che tale uso erroneo abbia però potuto
aprire "una falla nella interpretazione concreta" (p. 9) con conseguenze negative da parte di chi è
"preposto al far rispettare le previsioni normative" (ibid.) dalle "autorità
competenti" (ibid.) come invece
in altri casi analizzati dall'A., non è però nel caso specifico dimostrato
dall'A. La polisemia si rivela quindi del tutto innocua e comunicativamente
economica.
1.2. Oscillazioni morfologiche: la/il SARS Co-V2
En passant osserviamo ancora nel testo di Venanzoni una
oscillazione morfologica, a-semantica, sembrerebbe inconscia, del caso sopra
citato: "Virus è al contrario la SARS Co-V2" (p. 4), mentre
nel titolo dell'art. appare il masch. "il SARS Co-V2".
Il che può
arricchire la esemplificazione al riguardo da noi indicata in Il Covid o la Covid? Ma è un problema?
2. Opposizione concettuale e lessicale: "malattia"
vs "virus"
Un amico, storico della lingua,
commentando in una e-mail il mio Dal
Coronavirus al Covid-19 (Ediz. dell'Orso) e il su ricordato Il Covid o la Covid? Ma è un problema?, si è così espresso in maniera logicistica, giudicando l'uso
polisemico di Covid(-19) suggerito
dall'economia linguistica solo come "confusione":
"Delle tue osservazioni, in
parte già comuni al mio abbozzo, quella che condivido meno è la sottovalutazione
della confusione tra malattia e virus: con documentazioni ufficiali
(oltre al Cornaglia che citi anche tu) avevo mostrato come anche nei ministeri
si credesse che Covid fosse il virus (ma questo è intollerabile, checché
tu ne dica, perché la lingua scientifica deve essere univoca: Sciascia o il commissario
Montalbano possono ben scrivere fascinoso e *fascinico, da uno scienziato
pretendo la distinzione tra solforoso e solforico). Giuste le tue distinzioni
sui composti con Sars-Cov-2".
E in una successiva e-mail:
"Continuo a non accettare la confusione
tra Disease e virus, come non accetterei la confusione tra… piedi e scarpe [...].
Gli scrittori ludici scrivano quello che vogliono, io da un medico o da un
divulgatore scientifico o da un politico che legifera per tenermi in casa
voglio sapere se sono ammalato o se ho solo il virus".
2.1. La giustificazione del masch. con l'etimologia
Quanto al maschile il covid, "I problemi, continuava
lo stesso storico della lingua, si risolverebbero se Disease si traducesse
“Morbo” come credo sia accaduto per il colera. Ma questa
diventerebbe glottotecnica che lascio volentieri ai cruscanti [...]".
Alla fine, in una seconda e-mail
ha (pertinentemente) sottolineato che "il
genere grammaticale è secondario".
En passant, osserviamo che nell'istruttivo volumetto dell'Accademia della
CRUSCA che ristampa I Temi del mese
(2017-2010), a cura di C. Marazzini, Firenze 2020, appare il femminile:
"nella battaglia contro la Covid-19" (p. 159).
3. Un 'clericale', accademico
d.o.c., cruscante e storico della lingua con nostalgie etimologiche e
logicistiche
In un intervento della rubrica
"Parole al sole" intitolato Parole
facili. La fiducia riparte da qui, sul “Quotidiano di Puglia” del 2 agosto,
che riflette un punto di vista che definirei di un 'clericale', accademico
d.o.c., cruscante e storico della lingua con nostalgie etimologiche e
logicistiche, Rosario Coluccia si è soffermato
sulle parole della pandemia.
3.1. Gli
anglicismi (inutili) e le "oneste parole" italiane
Da buon neo-purista, l'A. non ha saputo trattenersi dal
denunciare i "Troppi
anglicismi, spesso fuorvianti e anche inutili, visto che la nostra lingua
possiede parole comprensibili e perfettamente funzionali".
Se l'è quindi presa con l'affermatissimo lockdown giudicato "forestierismo inutile", "prestit[o] inutil[e]
" a favore di Confinamento (con il
contrario deconfinamento) sulla scia
del fr. confinement e déconfinement, definiti
moralisticamente "oneste parole" (!).
3.2. Il
genere: cosa scegliere e con quali criteri?
A proposito poi della oscillazione di genere il/la Covid, Coluccia si è mostrato indeciso
su quale forma indicare, ovvero sui criteri da seguire per definire una norma.
Da un lato (i) non ha potuto non rilevare l'uso (masch.)
della maggioranza: "È
prevalente nella rete «il covid-19» (accordato al maschile) rispetto a «la
covid-19»".
Dall'altro però ha
invocato (ii.a) l'autorità del Presidente della Crusca, Claudio Marazzini, e il
suo criterio che avevamo definito storico-etimologico nel cit. Il Covid o la Covid? Ma è un problema? --
secondo Coluccia "buoni argomenti" -- per usare il femminile.
Ma, ridondantemente
per uno storico della lingua, ha invocato (ii.b) l'autorità di un virologo 'televisivus':
Fabrizio Pregliasco, che "spiega così la sua preferenza per il femminile:
significa ‘malattia da coronavirus’, dove“Co” sta per corona, “vi” per virus,
“d” per disease, ovvero‘malattia’, e “19” indica l’anno in cui si è manifestata
per la prima volta. Insomma, decisamente, “la Covid-19” (con allusione a malattia,
pandemia)".
Alla fine, però, sembra che in Coluccia sia prevalso (iii)
il criterio del comportamento dei parlanti: "Vedremo cosa prevarrà,
i parlanti non sono etimologi né linguisti, le scelte sono influenzate dai
fattori più diversi".
3.3. E le ragioni strutturali (sincroniche) del
maschile?
Quanto
all'attuale prevalenza del masch., Coluccia non ha indagato tuttavia sulle
motivazioni strettamente sincroniche, ovvero sulla struttura fonologica delle
parole terminanti in consonante, che sono per l'85,3% di genere maschile.
3.4. E una norma variabile?
E soprattutto, Coluccia
non si è posto il problema di una norma variabile (qui) al masch. (dominante) e
al femm. (minoritaria): usi entrambi normativamente corretti, perché adottati
da utenti colti o mediamente colti.
4. Còvid, covìd, o còviddi?
Infine, quanto alla pronuncia del nostro
lessema Covid (etimologicamente sigla
angloamericana "Co.Vi.D."), se la pronuncia piana /'kovid/ è decisamente la più comune in
sintonia con la "Regola-1" della pronuncia prevalentemente piana
delle parole italiane, e in sintonia con la "Regola-2" etimologica
dell'anglo-americano, invece la pronuncia tronca /ko'vid decisamente
minoritaria, sembrerebbe richiamare una pronuncia francese.
Ma va ancora segnalata una pronuncia italiana,
regional-popolare, come quella sdrucciola colta in bocca a una palermitana che
intervistata sulla spiaggia di Mondello perché priva di mascherina, non esitava
a dire che "a
Palermo, NON CE N'È CÒVIDDI", ovvero con trasformazione del lessema da bisillabo piano in consonante /'kovid/
a trisillabo sdrucciolo terminante in vocale (epitesi) con contemporaneo
raddoppiamento della consonante finale etimologica /'kò.vi.ddi/, condizionato dalla struttura fonologica dei lessemi
dialettali siciliani terminanti in vocale (cfr. sex /sεks/> /'sεksi/, /'sεkkisi/; ticket /'tiket/ > /'tiketti/, o anche /'tikke/, ecc.).
4.1. La diffusione di còviddi
La varante sdrucciola trisillabica
còviddi sembra peraltro avere non poca fortuna diffondendosi nei social:
(i) A Pag
in Croazia, la ragazza italiana al Tg1: «Non c’è più ‘Coviddi’, ce ne rendiamo
conto», ed è polemica" in CorriereTV 15 agosto.
(ii)
Post di Enrico Mentana: "Non ce n'è di Còviddi? A Padova una
bambina è in terapia intensiva, positiva al coronavirus (17 agosto 2020).
5. La diffusione di corona-vìrussi
Accanto, infine, alla pronuncia
regional-popolare còviddi, è emersa una
pronuncia ancora più marcatamente popolare del sinonimo coronavirus in bocca a una siciliana, ovvero corona-vìrussi, con analoga epitesi
(o paragoge) della vocale /-i/ sì da avere un lessema terminante in vocale:
"Per me il corona vìrussi non è vero. È una cosa politica, di
guerra [...]".
(VIDEO 2020-08-18-14-31.20 mp4)
Sommario
1. Venanzoni 2020: il punto di
vista del giurista
1.1.
Esemplificazione di usi "corretti" ed "erronei", ma senza
conseguenze giuridiche
1.2. Oscillazioni morfologiche: la/il SARS Co-V2
2. Opposizione concettuale e
lessicale "malattia" vs
"virus"
2.1. La giustificazione del masch.
con l'etimologia
3. Un 'clericale', accademico d.o.c., cruscante e storico
della lingua con nostalgie etimologiche e logicistiche.
3.1. Gli anglicismi (inutili) e le "oneste
parole" italiane
3.2. Il genere: cosa scegliere e con quali criteri?
3.3. E le
ragioni strutturali (sincroniche) del maschile?
3.4. E una norma
variabile?
4.
Còvid, covìd, o còviddi?
4.1. La diffusione di còviddi
5. La diffusione di corona-vìrussi
Una recensione al libro del prof. Sgroi, a cura di Alfio Lanaia, pubblicata sul sito della Treccani