AI TEMPI, ormai
lontani, della scuola ci hanno insegnato (e, forse, insegnano ancora) una
grande baggianata: l’aggettivo gratuito si deve pronunciare “perentoriamente”
con l’accento sulla “ú” (gratúito). No, amici, questo aggettivo ha due pronunce,
una alla greca e una alla latina: gratúito e gratuíto.
La piú comune, però, è la prima: gratúito. Non lo sostiene
l’estensore di queste noterelle, lo sostengono i sacri testi.
Sabatini Coletti: gratuito [gra-tùi-to,
meno freq. …-tu-ì-…] agg.
Gabrielli: gratuito [gra-tù-i-to]
raro, poet. [gra-tu-ì-to]
Dop (Dizionario di Ortografia e di
Pronunzia).
IL VERBO dire non è un
verbo “tuttofare” e spesso si adopera al posto di altri verbi piú appropriati.
Come sempre pilucchiamo qua e là dai vari giornali e riviste. In corsivo il
verbo dire e in parentesi quello “appropriato”. Molti sono i concorrenti, disse (annunciò)
il direttore, e qui disse (snocciolò) una serie di nomi; il
giocatore ha avuto da dire (un diverbio) con l’arbitro;
l’imputato, interrogato dal giudice, si è detto (dichiarato,
protestato) innocente; amici cari, ora vi dirò (spiattellerò)
in faccia la verità; Mario ha detto (proposto) a Federico di
fare una gita al mare; ti dico (assicuro), mio
caro, che le cose sono andate come ti ho detto (raccontato);
il candidato, se eletto, ha detto (assicurato) che manterrà le
promesse; credo che le cose siano andate in questo modo, ma non lo posso dire (affermare)
con certezza; Giuseppe gli disse (confidò) in tutta segretezza
ciò che aveva appreso.
È IMPROPRIO l’uso del termine conseguente nell’accezione di coerente e
simili (anche se questo uso ha la "benedizione "di qualche vocabolario). Il
vocabolo significa che vien dietro a qualcosa. Non scriveremo o
diremo, quindi, sii conseguente con quello che dici ma,
correttamente: sii coerente con ciò che dici.
ALCUNI ritengono i verbi “accentare”
e “accentuare” l’uno sinonimo dell’altro e li adoperano
indifferentemente. Le cose non stanno affatto cosí; facciamo, dunque, un po’ di
chiarezza. Il primo (accentare) significa “mettere l’accento”: accentare i
giorni della settimana; il secondo sta per “aumentare”, “mettere in evidenza”,
“rendere piú marcato”: il freddo, in questi giorni, si va accentuando. Alcuni
vocabolari però... Se amate la lingua
non seguiteli.
UN GIORNALE locale titolava: “È una ragazza mezzo matta”. Perché
“mezzo” e non “mezza”? È corretto il titolo? Correttissimo, gentili
amici. Mezzo, come aggettivo, concorda nel genere e nel numero con il
sostantivo al quale è preposto: mezza mela; mezzi sigari; mezze pagine; mezzi
fogli. Quando, invece, è posposto al sostantivo al quale è unito con la
congiunzione “e” resta invariato perché assume il valore di
sostantivo con il significato di “una metà”: due ore e mezzo, vale a
dire due ore e “una metà” di un’ora; cinque chili e mezzo, cioè cinque chili
e “una metà” di un chilo. Resta altresí invariato, con valore avverbiale
e significato di “a metà”, quando è unito a un aggettivo per
attenuarne il significato: ragazze “mezzo” matte, vale a dire
matte “a metà”; la casa era “mezzo” diroccata, cioè
diroccata “a metà”; le luci sono “mezzo” spente, ossia
spente “a metà”; aveva gli occhi “mezzo” chiusi, non
chiusi interamente. Nell’uso, però, queste distinzioni non vengono osservate
anche se è un errore (e non tutti i linguisti concordano) scrivere, per
esempio, le cinque e mezza. Un plauso, quindi, al giornale che – una volta
tanto – ha rispettato le leggi grammaticali lasciando mezzo invariato:
ragazza “mezzo” matta.
Nessun commento:
Posta un commento