In questi ultimi tempi si parla sempre insistentemente di snellire la burocrazia, vale a dire quella “macchina” amministrativa che regola (o dovrebbe regolare) il funzionamento dei pubblici uffici e che tanto fa impazzire il cittadino quando – suo malgrado – è costretto ad avere un ‘rapporto’ con questa benedetta o maledetta organizzazione amministrativa. Tutti, piú o meno, abbiamo avuto modo di conoscere il funzionamento di questa macchina; riteniamo di far cosa gradita ai lettori di queste noterelle, quindi, se ‘narriamo’ l’ “origine linguistica” della burocrazia dando la parola al compianto glottologo Aldo Gabrielli, uno dei padri della lingua.
«Il significato del termine è fin troppo noto; innanzi tutto esso sta a indicare il potere, spesso eccessivo, oppressivo e meticoloso della pubblica amministrazione nella condotta degli affari; poi, estensivamente, il complesso degli impiegati, degli uffici che di quella amministrazione fanno parte. È un termine nato in Francia, ‘bureaucratie’, nella prima metà del secolo XVIII, creato dall’economista Vincent de Gournay. Fu foggiato unendo la parola ‘bureau’, nel significato di ‘tavolino per scrivere’, ‘scrivania’, al suffisso “-cratie”, corrispondente all’italiano “-crazia”, derivato dal greco “kràtos”, ‘forza’: cioè il potere, o meglio il prepotere, delle scrivanie, degli uomini di tavolino. “Bureaucreatie” ricalcava il modello di parole già esistenti, come “aristocratie” e “démocratie”, ma il Gournay lo creò con intenzioni dichiaratamente dispregiative; e piú o meno spregiativa rimase anche quando la parola passò in tutte le altre lingue europee. Ma vorrei ora andare un po’ piú in là nell’esame etimologico, che riserva qualche interessante sorpresa. Quel “bureau” che forma il primo elemento della parola composta, indicava in origine una grossa e rozza stoffa di lana di color bruno che si usava soprattutto per confezionare le tonache di certi ordini religiosi; “bureau” derivava da un precedente “bure” che discendeva a sua volta dal latino popolare “bura”, ‘stoffa grossolana’. Da questo medesimo “bura”, sia detto per inciso, discende anche il nostro “buratto”, che ebbe in origine lo stesso significato di tessuto rozzo a trama larga (…) usato specialmente nella fabbricazione degli stacci per la farina (setaccio, ndr), quegli stacci che anche si dissero, per estensione, pur essi “buratti” (col verbo “burattare”, stacciare). Tornando alla stoffa della “bureau”, avvenne che presto questo robusto tessuto e di poco prezzo venisse usato per ricoprire il piano superiore dei banchi degli scrivani; e di qui il nome di “bureau” al banco stesso, al tavolino per scrivere, e con estensione anche maggiore al luogo dove si scrive, allo studio, all’ufficio».
mercoledì 2 gennaio 2013
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