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Cominciamo con la stanza, nella quale vi trovate in questo momento mentre, davanti al computiere, state leggendo le nostre modeste noterelle. La stanza, dunque, che genericamente è il locale di un’abitazione delimitato dalle pareti, dal soffitto e dal pavimento, si rifà al latino (sempre questo!) stantia(m), tratto da ‘stans, stantis’, participio di “stare” (star fermo in un luogo, dimorare); la stanza, quindi, è il luogo in cui si dimora abitualmente. Anche il soffitto è di provenienza latina, esattamente il latino volgare suffictu(m), participio passato di “suffigere” (coprire di sotto), composto con ‘sub’ (sotto) e ‘figere’ (appuntare, fissare, quindi… ‘coprire’). La finestra, vale a dire l’apertura praticata nel muro esterno di uno stabile per dare aria e luce all’interno (e anche per affacciarsi), sembra provenga da un’antica radice bha(n) (splendere, illumino) che, mutata la ‘B’ in ‘F’, abbia originato il verbo greco phàino (illumino) e questo il latino fenestra(m). La finestra, per tanto, si potrebbe definire “un buco che illumina”. Dalla finestra passiamo al balcone, il cui significato «scoperto» è noto a tutti: grande finestra-porta, con uno sporto (sporgenza) delimitato da una balaustra, o ringhiera, o ingraticciata. E il significato «nascosto»? Questo ci è stato regalato dai Longobardi. È tratto, infatti, dalla voce teutonica Balk (trave). Il balcone non è un insieme di travi che possono o no sporgere dalla casa e da cui si può ammirare il panorama? Di significato non nascosto è, invece, il suo sinonimo: terrazzo o terrazza. Entrambi i termini si rifanno alla… terra, sono tratti, infatti, dall’ aggettivo latino terraceus (fatto di terra). In origine il terrazzo era, e in alcuni casi lo è ancora, un rialzo di… terra, sostenuto da murature, atto alle passeggiate e alla contemplazione. Per estensione è passato a indicare una parte della casa, scoperta o aperta da una o piú parti.
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