Il verbo “disertare”, forse pochi lo sanno, ha due forme, una transitiva e una intransitiva e l’uso dell’una o dell’altra forma fa cambiare di significato il verbo stesso. La forma transitiva sta per “distruggere”, “guastare” e simili ed etimologicamente è il latino “desertare”, intensivo di “deserere” (‘abbandonare’). Originariamente, infatti, il verbo stava per “devastare”, vale a dire “ridurre in deserto” e, quindi... “abbandonare”, "allontanare" (non ci si allontana 'da' un luogo?). Di qui l’uso intransitivo di “disertare” nel senso di “fuggire da un luogo”. I deputati, per esempio, che non prendono parte alle sedute “disertano dall’aula”, non “disertano l’aula”, in quanto “fuggono dall’aula”, non la... devastano. Insomma, amici amanti del buon uso della lingua, come fa acutamente notare il linguista Leo Pestelli «facciamo una pasta dei verbi ‘disertare’ (neutro) e ‘disertare’ (attivo), che sono due cose ben distinte. Il primo vale: fuggire dall’esercito; il secondo: danneggiare e devastare. Il soldato diserta ‘dal’ reggimento abbandonandolo al suo destino; diserta ‘il’ reggimento portandogli via la cassa. (...) Dicendo dunque noi per estensione: il pubblico ‘diserta’ il teatro; gli alunni ‘disertano’ la scuola, diciamo altro da quello che intendiamo dire, cioè che il pubblico con mazze e ombrelli, gli alunni con gessi e temperini, danneggiano il teatro e la scuola. Proprio cosí (...)».
Naturalmente ci sarà il solito Bastian contrario che cercherà di confutare la nostra tesi. Se ciò avverrà, la cosa ci lascerà nella piú squallida indifferenza, forti dell’appoggio di un linguista con la “L” maiuscola. Mentre a coloro che sostengono la tesi secondo cui è l’uso che fa la lingua ricordiamo le parole del grande poeta toscano Giuseppe Giusti: “L’avere la lingua familiare sulle labbra non basta: senza accompagnarne, senza rettificarne l’uso con lo studio e con la ragione è come uno strumento che si è trovato in casa e che non si sa maneggiare”. E c’è da dire, in proposito, che molte cosí dette grandi firme del giornalismo maneggiano uno strumento che non sanno... maneggiare. E ciò a scapito, per dirla con Vittorio Alfieri, del nostro “idioma gentil sonante e puro”. Chi vuole intendere... intenda.
Naturalmente ci sarà il solito Bastian contrario che cercherà di confutare la nostra tesi. Se ciò avverrà, la cosa ci lascerà nella piú squallida indifferenza, forti dell’appoggio di un linguista con la “L” maiuscola. Mentre a coloro che sostengono la tesi secondo cui è l’uso che fa la lingua ricordiamo le parole del grande poeta toscano Giuseppe Giusti: “L’avere la lingua familiare sulle labbra non basta: senza accompagnarne, senza rettificarne l’uso con lo studio e con la ragione è come uno strumento che si è trovato in casa e che non si sa maneggiare”. E c’è da dire, in proposito, che molte cosí dette grandi firme del giornalismo maneggiano uno strumento che non sanno... maneggiare. E ciò a scapito, per dirla con Vittorio Alfieri, del nostro “idioma gentil sonante e puro”. Chi vuole intendere... intenda.
PS. I vocabolari sono ambigui: attestano ‘disertare’, nel senso di ‘abbandonare’, sia transitivo sia intransitivo, non è proprio cosí, come abbiamo visto. Non si confonda, inoltre, ‘disertare’ con ‘dissertare’. Quest’ultimo verbo ha tutt’altro significato. Non sono, perciò, l’uno sinonimo dell’altro.
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