Abbiamo notato che alcuni grandi scrittori (e riproponiamo la domanda: chi stabilisce la “grandezza”?) sono soliti fare il femminile di mecenate: mecenatessa. La cosa ci sconcerta: come è possibile che costoro non sappiano che mecenate, da nome maschile proprio, è diventato nome comune atto a indicare il protettore degli artisti? Mecenate, insomma, resta nella forma maschile anche se si riferisce a una donna. Chi non sa, infatti, che Mecenate era un importante consigliere di Augusto e influente protettore di letterati e artisti? Il nome, quindi – come dicevamo – da proprio è divenuto comune ed è passato a indicare, per antonomasia, ogni munifico protettore e benefattore di poeti e artisti in genere, ma maschile era e maschile deve rimanere. In compenso si può fare il plurale: i mecenati. Personalmente preferiamo la forma singolare invariata: i mecenate. È lo stesso caso, cortesi amici amanti della lingua, di “sosia” e “soprano”: riferiti a una donna devono rimanere nella forma maschile. Il primo perché, come mecenate, era un nome proprio (in questo caso di uno schiavo), il secondo perché “nacque” solo per essere riferito a un uomo. Alcuni grandi scrittori trasgrediscono la “legge” e dicono “la soprano”, voi, se volete parlare e scrivere bene, fate vostre le parole dantesche: non ti curar di lor…
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È un vero peccato che i vocabolari abbiano relegato nella soffitta della lingua il verbo “assassare”, cioè “scagliar sassi contro qualcuno”, ‘immortalato’, fino a qualche secolo, fa in molti libri. I lessicografi ci ripensino. Assassare non è piú pratico di “tirar sassi”, “scagliare sassi” e simili?
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È un vero peccato che i vocabolari abbiano relegato nella soffitta della lingua il verbo “assassare”, cioè “scagliar sassi contro qualcuno”, ‘immortalato’, fino a qualche secolo, fa in molti libri. I lessicografi ci ripensino. Assassare non è piú pratico di “tirar sassi”, “scagliare sassi” e simili?
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